L'INTERVISTA. Oggi sarà presentato il rapporto della Fondazione Edison sul Mezzogiorno
Quadrio Curzio: nell'Isola inarrestabile il declino industriale
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Sei anni di crisi si fanno sentire. Il Mezzogiorno, Sardegna inclusa, porta ancora le ferite di una recessione economica pesantissima. «La Sardegna deve fare una scelta: abbandonare il sogno della grande industria e puntare diritti verso il turismo d'élite».
Alberto Quadrio Curzio, professore emerito di economia politica all'Università Cattolica, nonché vicepresidente dell'Accademia nazionale dei Lincei, ha le idee chiare su come far ripartire la macchina Sardegna. Oggi a Roma, nella sede dell'Accademia (in via della Lungara, 10) discuterà con altri economisti del futuro del Mezzogiorno italiano e analizzerà i dati di un'indagine realizzata dalla Fondazione Edison. Nel convegno si parlerà anche di Sardegna.
In che cosa si differenzia la crisi dell'Isola rispetto a quella vissuta dal resto del Mezzogiorno?
«In Sardegna la crisi è soprattutto industriale, con all'apice l'Alcoa. Nel resto del Sud Italia, per esempio nell'area adriatica, la situazione non è così disastrosa. Poi, restando in Sardegna, ci sono società che hanno rappresentato molto ma che oggi soffrono più di altre. Fra tutte mi riferisco a Tiscali, che forse all'inizio della sua storia è cresciuta troppo in fretta sull'onda del boom di internet».
Addio industria, allora. Alternative?
«La vera sfida è il turismo d'élite. Per esempio, il golf può rappresentare un importante volano di sviluppo per l'Isola. Con questo sport è possibile attrarre i turisti benestanti del Nord Europa. Certo, non basterà questo a risollevare l'economia isolana».
Su cos'altro bisogna puntare?
«Occorre integrare turismo e agroalimentare d'eccellenza. Credo sia una strada obbligata per rilanciare l'economia sarda. L'alternativa è assistere a un impoverimento del territorio e un conseguente aumento della disoccupazione».
L'industria non ha futuro?
«La crisi dell'industria pesante non è locale, ma internazionale. Aziende come Alcoa lasciano la Sardegna perché conviene loro investire dove l'energia costa di meno. È un processo inarrestabile».
Nemmeno con gli incentivi.
«Negli anni Sessanta gli aiuti all'industria, alla fine, si sono rivelati poco utili».
Di turismo e di agroalimentare se ne parla da tempo. Ma ancora i frutti sono scarsi. Come mai?
«Perché finora non sono stati messi in campo incentivi creditizi e fiscali dolci e durevoli. Alla Sardegna non servono terapie d'urto. Ma credito e aiuti finalizzati a consolidare le imprese che meritano».
In altre parole, bisogna accompagnare la crescita delle aziende?
«Proprio così. Dobbiamo far sviluppare il tessuto imprenditoriale sano, quello più innovativo che però non riesce ancora a fare il salto di qualità».
Lanfranco Olivieri