Varata la legge di stabilità, 11 miliardi nel 2014. Ridotto il cuneo fiscale. Critici Cgil, Uil, Confindustria e Rete Imprese
la manovra del governo
di Vindice Lecis wROMA
Niente tagli alla sanità e meno tasse. Alla fine del rodeo - parole del premier Letta - nella legge di stabilità non ci sarà la sforbiciata da 2,6 miliardi di tagli alle spese sanitarie ed è confermata la riduzione delle tasse sul lavoro per 10,6 miliardi. Toni soddisfatti in conferenza stampa da parte dello stesso Letta, di Alfano e Saccomanni all’annuncio delle linee generali del provvedimento anche se il lavoro è incompleto. Il Consiglio dei ministri è infatti proseguito durante la notte per esaminare i dettagli della legge. Nell’annuncio fatto ai giornalisti è stato anche spiegato che circa la metà delle risorse necessarie per la copertura riguardante il prossimo anno saranno reperite da tagli alla spesa per 3,5 miliardi (2,5 dal bilancio dello Stato e 1 dai trasferimeenti alle Regioni) e altri 3,2 miliardi da dismissioni immobiliari e altro. «Basta mannaie, abbiamo mantenuto gli impegni» per andare nella «giusta direzione dello sviluppo e della crescita» ha ripetuto soddisfatto Enrico Letta, insistendo in modo particolare sulla manovra legata alla riduzione del cuneo fiscale: i tagli saranno di 5 miliardi per i lavoratori e 5,6 miliardi per le imprese. Tra gli interventi per le imprese e i lavoratori, ha ricordato ancora Letta, «c’è anche un incentivo per il passaggio dai contratti a tempo determinato a quelli a tempo indeterminato. Tuttavia per quanto riguarda la ripartizione dei 5 miliardi di taglio delle tasse ai lavoratori la «discussione spetterà al Parlamento e alle parti sociali». L’effetto della «manovra» secondo Letta determinerà nel triennio un calo della pressione fiscale complessiva dello 0,7%: dal 44% al 43,3%. Il provvedimento però è monco della tassa sulle rendite finanziarie, sostituita dall’incremento del bollo sulle gestioni dei titoli che secondo il governo porterà 900 milioni di euro. Il dossier consegnato alla stampa, conferma inoltre che la riduzione delle spese fiscali, attraverso interventi selettivi sulle agevolazioni, porterà in cassa 500 milioni di euro con interventi però da definire entro il prossimo anno. Sul fronte del Patto di stabilità che «strangola» i Comuni, Letta rassicura annunciando un «allentamento» che vale «un miliardo e che riguarderà gli investimenti in conto capitale dei Comuni». Questa somma potrà essere destinata e ripartita tra i Comuni che «hanno dei progetti già pronti e che possono partire da subito». Nascerà poi la Trise, la tassa che ingloberà il pagamento di servizi pubblici, che, assicura il premier, «non sarà come l’Imu, sarà completamente diverso». Nel capitolo delle coperture finanziarie della legge di stabilità, si conferma che gli 11,5 miliardi utilizzati per far ripartire l’economia «nel 2014 sono reperite da quattro grandi voci: 3,5 miliardi di tagli alla spesa (2,5 miliardi di tagli al bilancio dello Stato e 1 miliardo a lla spesa delle Regioni) ), 3,2 miliardi da dismissioni immobiliari, rivalutazione di cespiti e altri intermediari, 1,9 miliardi derivanti da interventi fiscali. I tre miliardi che mancano al raggiungimento degli 11,5 complessivi sono, spiega il premier, «il primo beneficio delle politiche che in Europa questo governo ha fatto. Nei mesi scorsi in tanti hanno detto al governo e al sottoscritto “sforate il 3% come hanno fatto altri” ma noi abbiamo mantenuto l’impegno con Bruxelles» così che la legge di stabilità «non comincia con una sforbiciata di tagli» chieste dall’Europa. Si tratta dunque di una «manovra equilibrata che va nella direzione giusta della riduzione delle tasse, degli investimenti e dell’equilibrio di bilancio». Ma il primo giudizio della Cgil è negativo: la legge «Non convince» perché «manca un chiaro segnale di equità». Molto critici anche Confindustria e Rete Imprese: «Un’aspirina».