DOMENICA, 07 DICEMBRE 2008
Pagina 1 - Cagliari
GLI SCAVI A VILLA MUSCAS
Il Comune trascura del tutto la diagnosi preventiva del sottosuolo
MAURO LISSIA
CAGLIARI. Si scava in via Mameli e saltano fuori strutture romane, il bulldozer lavora a Villa Muscas ed ecco che tornano alla luce le cantine medievali. Poi c’è il fondale di fronte alla nuova stazione marittima per le navi da crociera, affollato di relitti di epoche remote. Chissà cosa emergerà quando l’amministrazione comunale aprirà il cantiere per l’inutile parcheggio di via Roma, proprio nel cuore del sistema portuale romano. Per non parlare di Tuvixeddu, diventato il crocevia del confronto fra chi misura tutto in metri cubi e chi vorrebbe salvare quanto resta della storia remota della città.
Maria Antonietta Mongiu, assessore regionale ai beni culturali ma soprattutto archeologa, frena a stento l’indignazione: «Quando gli scavi ci restituiscono qualcosa c’è sempre chi grida alla sorpresa, in realtà non c’è proprio nulla di cui sorprendersi. La Cagliari antica è grande nove chilometri per cinque, quindi molto più piccola di Roma ma antica quanto la capitale».
Antica quanto Roma, un dato che sembra mancare proprio in municipio: «C’è un solo modello di sviluppo per il comune di Cagliari, quello del cemento e dei mattoni. Costruire, costruire e basta. Così si mettono in cantiere opere come il parco della musica, in piena zona archeologica, e si bocciano progetti come quello per il Betile e per Sant’Elia. Si vede che la storia e i grandi architetti non interessano, urge mettere i mattoni uno sull’altro».
Villa Muscas è un piccolo patrimonio della città che presto sarà accerchiato da nuovi manufatti, un po’ come a Tuvixeddu: «Che in quell’area si trovino resti romani e medievali è noto da decenni - avverte l’assessore Mongiu - stiamo parlando del suburbio, un’area che arriva fino al convento di San Giuseppe e poi ancora fino al Molentargius. Chi scava trova sempre qualcosa. Strano che si faccia finta di ignorare il problema». Magari dovrebbe interessarsene la sovrintendenza archeologica, forse distratta dagli imminenti sviluppi giudiziari del caso Tuvixeddu: «La sovrintendenza? In via Mameli l’impresa Cadeddu, la stessa che ha costruito quell’ignobile palazzata sotto il villino Serra a Tuvixeddu, ha aperto un cantiere edile e subito sono venuti fuori resti romani. Ora sembra che il costruttore sia disposto a fermarsi e a cedere il sito - riferisce l’assessore - ma è incredibile come gli sia stata data l’autorizzazione a costruire in un’area che gli archeologi conoscono da sempre. Peraltro la sovrintendenza archeologica ha detto che quelle strutture possono essere smontate e portate via...».
Il prossimo ‘colpo’ dell’amministrazione Floris dovrebbe essere il parcheggio sotterraneo di via Roma, ridotto a 450 posti per aggirare l’obbligo di sottoporre il progetto alla valutazione d’impatto ambientale. Per autorevoli tecnici si tratta di un intervento sicuramente inutile e probabilmente dannoso, per evitare il blocco a tempo indeterminato di via Roma e creare spazi di sosta basterebbe potenziare il parcheggio della stazione ferroviaria. Troppo facile, meglio scavare e paralizzare il centro della città per anni: «Si scaverà - allarga le braccia Maria Antonietta Mongiu - e torneranno alla luce i resti della città antica, è una certezza. Lo sanno tutti che sarà così, però si va avanti lo stesso. Eppure esistono le tecnologie per fare una diagnosi non distruttiva dell’area, l’archeologia preventiva è una realtà in tutto il mondo. Non è stata fatta una diagnosi a Tuvixeddu e non si vuole farla neppure in via Roma o a Villa Muscas... Oggi prima di un intervento chirurgico importante si chiede una Tac, altrettanto bisognerebbe fare prima di progettare la costruzione di un palazzo o di un parcheggio. Invece a Cagliari si pensa prima a costruire, poi si vedrà. Si scava e si guarda, come si faceva nell’Ottocento... ma sono trascorsi secoli». Forse converrebbe anche agli stessi costruttori, che grazie a una radiografia scientifica del sottosuolo eviterebbero il batticuore quando la benna del bulldozer s’imbatte in qualcosa di origine umana: «Si scava e si costruisce alla cieca - scuote la testa l’assessore - anche se non può stupire nella città che ha trasformato il passaggio storico sotto le mura di Filippo secondo in un parcheggio. Qui sviluppo è sinonimo di impresa edile, non c’è altro». L’assessore dimentica che proprio su quelle mura il Comune avrebbe voluto mettere in piedi un sistema di tapis roulants, una struttura d’acciaio destinata a stravolgere completamente il volto della città medievale. Un po’ come si è fatto con gli ascensori per il Castello o con l’altro ascensore, quello del parco San Michele, fermo da anni perchè rischiava di franare. Comanda il mattone, da sempre. Probabilmente comandano l’ignoranza profonda e l’insensibilità di fronte a un patrimonio fondamentale, quello sì utile ad arricchire l’immagine della città: «Servirebbe un ufficio specializzato - propone l’assessore Mongiu - un ufficio comunale che lavori come quello di Roma al controllo dei lavori in aree archeologiche. Ci sono studi, mappe, esperti, informazioni aggiornate, ci sono gli strumenti tecnici, c’è quanto basta a prevenire edificazioni dannose per il patrimonio archeologico. Basterebbe servirsene».