La storia
C'era una volta lo stadio Sant'Elia, 60 mila posti o forse più, cattedrale del calcio sardo, palcoscenico dei grandi successi del Cagliari, tra Coppa dei Campioni e Uefa, passando per promozioni e imprese. Poi, dopo quasi 10 anni di stadio matrioska, il primo aprile del 2012 il Cagliari batte l'Atalanta e se ne va in cerca di una nuova casa. Sognando Is Arenas che però non s'ha da fare, anche se quel che ne consegue è un romanzo che sa tanto di farsa. Le porte dell'impianto quartese si aprono e chiudono, col Cagliari che fa retromarcia tornando a Canossa, pardon al Sant'Elia.
E dopo che da via Roma per mesi si parlava di un impianto quasi pronto all'uso, ecco che a giugno i tecnici del Comune e del Cagliari Calcio fanno un sopralluogo a braccetto, arrivando alla conclusione unanime che, forse, quello stadio proprio pronto non è. E mentre Is Arenas viene smontato per dimostrare la sua amovibilità, il vecchio e cadente Sant'Elia si trasforma nell'ultima speranza per non trasferire armi, bagagli e palloni a Trieste. Il resto è storia recente, arsenico e vecchi merletti ben nascosti dietro sorrisi che sanno tanto di circostanza. Il Cagliari salda i debiti, con qualche “però” nascosto sotto il tappeto, il Comune incassa e presenta una convenzione per viale La Playa quanto meno rivedibile.
Lunedì si riprende, mentre ai tifosi non importa più di chi sia la ragione. Per loro conta sapere dove giocherà il Cagliari. Per quei colori, va bene anche stare tra le macerie, in attesa che l'utopia di uno stadio vero si trasformi in realtà, per vivere, come accade in tutte le fiabe che si rispettino, felici e contenti. (al.ma.)