Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Ora un riordino serio»

Fonte: L'Unione Sarda
8 luglio 2013

Mario Floris auspica uno scatto decisivo: le funzioni delle Province
alle Unioni dei Comuni per superare il centralismo della Regione
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Due volte presidente della Regione, e una a capo dell'assemblea, Mario Floris è passato indenne dai travagli della Prima Repubblica alle soglie della Terza. A 74 anni può definirsi un padre nobile della politica sarda e auspica uno scatto d'orgoglio della classe dirigente, chiamata a varare a tempo di record una riforma basilare: «Domani in Consiglio inizia il dibattito sul riordino degli enti locali», dice Floris, ora assessore agli Affari generali. «È un'occasione da non perdere».
Eppure lei non era presente al vertice che ha tracciato gli indirizzi principali.
«Una casualità».
Ha suggerimenti da dare sull'iter da seguire?
«Non si può prescindere dal contesto normativo generale. C'è stata la riforma del Titolo quinto della Costituzione, che ridisegna lo Stato in senso federalista e si basa sul principio della sussidiarietà. Si è affermato il concetto che la Repubblica si articola in Comuni, Province, città metropolitane, Regioni e Stato».
Non è l'unica riforma.
«Infatti esiste il decreto legislativo 42 sul federalismo fiscale. A livello nazionale manca l'istituzione della Camera delle autonomie che permetterebbe un maggiore coinvolgimento degli enti locali nelle decisioni. Sull'onda di queste scelte statali si è mossa anche la Regione».
Come?
«Ha adeguato il rapporto con gli enti locali attraverso un percorso partecipato. La questione delle Province è un problema connesso».
Proprio sulla nomina dei commissari nelle Province lei è parso critico.
«L'ho appresa dai giornali. Ma non c'è stata alcuna spartizione».
I Comuni saranno in grado di addossarsi le nuove competenze?
«Non so se in Sardegna, dove il 92% dei paesi ha meno di 5 mila abitanti, si possa prescindere da un ente intermedio tra Regione e Comune. È evidente che non possono farcela da soli».
Qual è allora la chiave?
«Si va verso le Unioni dei Comuni. Non solo semplici e limitate unioni di servizi, tra l'altro limitati: ne abbiamo 37. Occorre quindi ripensare l'Unione dei Comuni come sistema di enti locali diverso perché bisogna smontare e rimontare le leggi che, dopo la riforma del Titolo quinto, hanno cambiato la geografia normativa nazionale e sarda».
È così che si potrà superare il tanto criticato centralismo della Regione?
«Serve chiarezza una volta per tutte. La Regione deve essere considerata per quello che è, cioè ente di programmazione, controllo e indirizzo. Dobbiamo modellare il localismo regionale: la riforma non può andare a discapito della partecipazione degli enti locali».
Che fine farà il personale delle Province una volta che saranno cancellate?
«Verrà ridistribuito negli enti che ne assumeranno le funzioni».
Si parla anche di modificare lo Statuto. Che ne pensa?
«Ritengo che sarebbe necessario agire, non litigare nella vana ricerca degli strumenti per modificarlo. Il problema fondamentale è la frammentazione ideologica e politica. Bisogna pensare a una piattaforma unitaria che metta al centro i valori autonomistici e definisca, al di là del tornaconto elettorale, i contorni di un vero sviluppo della Sardegna».
Lorenzo Piras