Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

Marina « L’addio all’asilo? Brutto colpo»

Fonte: Sardegna Quotidiano
5 luglio 2013

 

I RESIDENTI Rammarico per la chiusura della storica struttura: «Tante ragazze hanno iniziato a lavorare grazie alle suore». «Negativo per il quartiere». Solidarietà alle maestre licenziate n La struttura e le suore restano, ma l’addio dei bimbi al pluricentenario asilo di Marina e Stampace in via Baylle porta amarezza tra chi vive e lavora nel quartiere portuale. Tra quelle stradine, oggi, il crollo delle nascite c’è tutto, ma in passato i portoni delle case venivano adornati di frequente con fiocchi rosa e azzurro. E quasi tutti, fino ai cinque anni, sono stati proprio in quell’asilo, oggi in balìa di tracolli di iscritti, stipendi non pagati alle maestre (che hanno già tra le mani la lettera di licenziamento) e futura battaglia legale per ottenere i denari dovuti. È un viaggio tra i ricordi di chi, decenni fa, era uno di quei “picciocus de crobi” aiutati dalla beata suor Giuseppina Nicoli. Che, oltre a pane e companatico, insieme alle altre sorelle insegnava alle bambine i primi rudimenti del lavoro di sarta e accoglieva tutti i bambini a braccia aperte. Un’altra era, senza dubbio: oggi l’edificio è in mano a una Fondazione a capitale privato. Gestita dalle suore, costrette a fare i conti con dati in crollo verticale. «Ho frequentato l’asilo solo per un anno, la sua chiusura è un pugno nello stomaco, viene a mancare un’istituzio - ne», dice Giovanni Giordano, 54 anni. Sua madre gestisce dal 1950 un negozio di bottoni e stoffe quasi davanti al portone dell’asilo. «A Natale facevano il presepe vivente, mia figlia era uno degli angeli, e a Carnevale tutti i bimbi giravano per il quartiere in maschera», racconta Teresa Mariella, «le suore vengono spesso qui per comprare bottoni e rotoli di filo per i grembiulini». Stefano Vargiu vende alimentari prima della curva che dà su piazza Santo Sepolcro: «Sono qui da appena un anno, ma ero abituato a servire le mamme che compravano dolci e merendine ai figli. La chiusura dell’asilo è un fatto negativo». E le storie raccontate da chi ormai ha i capelli bianchi raccontano di un micromondo rionale oggi estinto. «Ho sei sorelle e cinque fratelli, tutti sono andati all’asilo di via Baylle, erano i tempi dell’inizio della seconda guerra mondiale. Una mia sorella, grazie agli insegnamenti delle suore, portava un po’ di soldi a casa perché cuciva i gradi sulle uniformi degli ufficiali di marina e esercito », spiega Mario Mureddu, ottant’anni tondi, «oggi la Marina è cambiata, anche se sono anziano alcuni ricordi li conservo ben stretti». Allibito e dubbioso è Massimo Atzeni, panettiere del quartiere: «Le suore sono straordinarie, aiutano tanta povera gente che arriva da tutta la città per chiedere da vestire e da mangiare. L’unico asilo del quartiere che chiude è un fatto gravissimo, so che le maestre sono senza stipendio da tanto tempo», conclude. La Marina è anche quartiere di voci e leggende, come quella che narra Dario Pia, 81 anni, da decenni sarto in via Napoli: «Tante ragazze hanno imparato il mio mestiere grazie alle suore, che aiutavano i poveri che vivevano nei sottani. Le suore sette anni fa avevano ricevuto in dono un locale del quartiere da un venditore di mobili, ma c’è chi dice che l’avessero subito rivenduto » . Paolo Rapeanu