Rassegna Stampa

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Cagliari, la mappa degli invisibili: barboni dimenticati oltre le periferie

Fonte: web Castedduonline.it
5 luglio 2013

    La città degli ultimi

di
Redazione Casteddu Online
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Venerdì 05 Luglio 2013 | 02:25

Definirli “gli invisibili” è oramai appropriato, se aggiungi loro gli aggettivi sporchi, trasandati e accattoni pare si completi il profilo del clochard. Ma non per tutti, almeno non per chi come tanti cagliaritani e non solo, è meglio definirli sfortunati, soli e indifesi. Castedduonline.it da tempo affronta anche le tematiche dei senza tetto, delle persone che soffrono, di coloro che giorno e notte si adoperano per aiutarli: nelle scorse settimane ci siamo occupati di numerose vicende che accomunano luoghi abbandonati, ruderi ed edifici fatiscenti dove dimorano i barboni o i tossicodipendenti, a cominciare da Via Cinquini, per poi passare per l’ex Corte dei Conti (tesoreria dello Stato) di via XX Settembre, Ex Cariplo viale Bonaria, i vagoni dismessi delle Ferrovie dello Stato, giusto per citare qualche esempio, ma è soltanto la punta di un iceberg. Cagliari città turistica come tante, ha ancora tanti luoghi “nascosti” dove chi è solo, povero o sceglie di vivere la vita da mendicante, trova un “tetto” (se così si può dire) come rifugio, per scampare al freddo della notte o soltanto per riposare o dormire.

AL CENTRO DELLA CITTA’. Di giorno, i senzatetto vagano per le vie del centro, di notte scompaiono nelle strade di periferia, anche se ma molti di essi preferiscono stare in centro. E l’esempio di Via Malta, angolo Via Mameli a Cagliari (dove anni fa c’era l’agenzia funebre Moniaflor), giusto per citare un caso tra mille, calza a pennello. «Un edificio oramai inagibile – sottolinea il giornalista-fotografo, Alessandro Congia - dove per “accedere” ai più, è fondamentale l’uso di tuta bianca in stile R.i.s e mascherina. All’interno, l’odore nauseabondo di escrementi sparsi in tutte le stanze diroccate e con tracce evidenti di roghi appiccati in passato è inevitabile, poi rifiuti di ogni genere, indumenti sporchi, bottiglie di vino e anche siringhe. Pericoloso è dir poco – aggiunge il cronista, non nuovo a questo genere di inchieste – stavolta non si tratta di un edifico pubblico come tanti sparsi in città e lasciato ad incuria, ma di uno stabile di privati facilmente accessibile da chiunque, attraverso una muro sfondato continuamente da vandali e clochard, che i proprietari stessi sono costretti a ripristinare ogni volta e le fotografie ne sono l’esempio più emblematico dello scempio».

IL MONUMENTO DEL DEGRADO. Spostandoci pochi metri più in la, tra via Maddalena ed il Corso Vittorio Emanuele, l’imponente “mostro” con impalcature ventennali: parliamo del palazzo della vecchia cartoleria Dessì, un fabbricato anche in questo caso che appartiene ai privati (completamente “blindato” ed inaccessibile ai senzatetto) e arrivare ad un’eventuale esproprio-acquisizione del Comune di Cagliari per realizzare chissà quale struttura utile alla cittadinanza, sarà abbastanza complicato. Ad oggi, sostengono anche i residenti della zona, l’area attorno al rudere di 2 piani è totalmente recintata ma la presenza di topi e blatte è sempre frequente.

LA PERIFERIA. Nei prossimi giorni, ci occuperemo meglio delle vicende legate ai poveri e diseredati (sardi e extracomunitari) che oramai vagabondano e soggiornano “abusivamente” nei capannoni e depositi lungo la Viale Elmas. In passato la nostra redazione si è occupata di casi analoghi (ricordiamo lo stabile abbandonato della ex Incas & Pisano cartolerie) dimora attuale di alcuni nomadi rom. Ma transitando nel pomeriggio in via Sa Perdixedda, (quasi di fronte all’Iper Pan di Viale La Playa n.d.r) ci riferisce sempre il giornalista Alessandro Congia, un vecchio rudere che sta proprio a fianco dell’azienda “Fradelloni Trasporti”, è diventato da tempo la casa di alcuni “nuovi poveri”: «Ci abitano quattro persone – ci riferisce – un ragazzo sardo e 3 algerini. Il racconto di uno di loro, Amin quarantenne, muratore, mi ha fatto pensare che non sono soltanto i sardi a perdere il lavoro. Lui lavorava a Decimo, aveva uno stipendio, pagava l’affitto di casa e viveva “normalmente”. Una volta perso il lavoro per via della crisi, ha lasciato tutto e ha dovuto vivere come tanti, in povertà. Ora abita in una stanzetta di pochi metri quadri, una specie di ripostiglio senza energia elettrica, utilizza l’acqua dalle bacinelle che i vicini gli danno e mangia alla Caritas, ma è lui stesso che ammette “se avessi un lavoro non vivrei facendomi aiutare, perché senza far nulla è davvero difficile non solo per Voi Sardi ma anche per noi».

LA SOLIDARIETA’. La rete capillare dell’associazionismo in città non basta, spesso è insufficiente per garantire assistenza ai poveri e clochard. Molti di loro hanno un’esistenza infelice, ai margini tra storie di droga, alcool e carcere. Tra “Gli Angeli di Sardegna”, “City Angels”, “Guardian Angels” (i volontari “non armati” in divisa che pattugliano la città, soprattutto la notte), prevenire la delinquenza è per loro è quasi palese, ma con zaini in spalla, portano soprattutto viveri e coperte a tanti sfortunati. Senza dimenticare il “Camper della Solidarietà”, con lo staff di Signora Gina, (Assessorato ai Servizi Sociali), che ogni notte consegna centinaia di sacchetti con panini e acqua ad altrettanti sfortunati, barboni e non. Senza tralasciare qualche altro esempio di tanti cittadini e anche qualche politico che anche in anonimato, si adopera per dare sostegno ai meno abbienti:«Devolvere ogni mese in beneficienza l’intera indennità da consigliere comunale – sostiene Paolo Casu, PSd'Az – è una piccola goccia nell’oceano, non è essere eroi ma vedere famiglie disperate alla fame non è certamente bello e spesso – lamenta Casu – la troppa burocrazia, i troppi privilegi di chi sta bene, potrebbero tramutarsi invece in semplici buone azioni. Il mio telefonino privato – conclude Paolo Casu – squilla in continuazione perché persone disperate senza un lavoro, malate e sole, spesso conducono una vita ed un’esistenza solitaria senza che nessuno dia loro importanza».

Foto Servizio di Alessandro Congia