La pedagogia laica che nelle nostre città prese il posto della statuaria votiva
Statue: le lezioni di marmo
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È questione di settimane e poi, il 24 luglio, si celebrerà il centenario dello scoprimento del busto marmoreo di Dante Alighieri, di fianco all'ingresso del vecchio Dettori, nella omonima piazzetta. E dopo altri due mesi ecco un altro centenario meritevole di ricordo: quello della inaugurazione, il 20 settembre, del monumento a Giordano Bruno, nella piazzetta Mazzini, giusto di fronte a Porta Castello.
Siamo a Cagliari. La pedagogia laica della statuaria rispondeva, nel lungo passaggio dal risorgimento al giolittismo, al culto dei santi materializzato nei simulacri sugli altari delle chiese. Quelle fattezze plastiche evocanti magisteri e testimonianze di libera coscienza, cultura e patriottismo dovevano ammonire e più ancora educare, affascinare la popolazione che si emancipava progressivamente da suddita a cittadina. Pur in un permanente quadro di monarchia costituzionale.
Per questo c'era stato un cambio di registro a cominciare almeno dal 1901, dopo la secolare semina di piccole statue di madonne e santi all'interno di edicole nelle strette vie dei quattro quartieri, fino a concludere tutto con il contrastato innalzamento della Immacolata nella piazza del Carmine: s'era cominciato con Giuseppe Verdi, nello square delle Reali e, proprio spalle al bronzo del Maestro e faccia alla stazione ferroviaria, nel 1905 era toccato a Giovanni Bovio, il filosofo a lungo leader morale della Massoneria italiana che a Cagliari aveva dedicato tante attenzioni: l'anno prima della scomparsa aveva dettato l'epigrafe in onore di Efisio Marini, per una lapide all'Università, ma lo stesso aveva fatto per ricordare, al Monumentale di Bonaria, Giovanni Battista Tuveri e Vincenzo Brusco Onnis…
Era venuta poi nel 1913, con un corso parallelo di adempimenti - costituzione di un comitato promotore, raccolta dei fondi attraverso il sistema delle schede distribuite per aziende, uffici, scuole ed associazioni, commissione dell'opera ad un artista, donazione conclusiva all'Amministrazione municipale -, l'ora di buon padre Dante e del filosofo di Nola, costretto all'esilio l'uno, addirittura al rogo l'altro. Mentre era consuetudine onorare Garibaldi e i martiri di Mentana al Monumentale, sempre sotto l'occhio vigile della polizia pronta ad intervenire per zittire gli oratori irriguardosi verso i governi di turno. Mazzini lo si onorava davanti a palazzo Onnis, nella via Manno, dove era stata affissa una lapide che ricordava - dopo la morte avvenuta in duello nel 1898 - il Felice Cavallotti in visita politica a Cagliari nel 1891. E ogni volta le corone di fiori con i nastri rossi di repubblicani e radicali e talvolta socialisti erano sequestrate, con puntuale conseguente protesta dei giovani dell'“estrema” cagliaritana affidata in Parlamento proprio a Bovio, perché si facesse eco di quell'ennesima ingiustizia illiberale.
Il luogo delle devozioni patriottiche degli ex soldati delle “patrie battaglie” - delle guerre d'indipendenza cioè - era nella piazza Martiri, dove nel 1886 era stata innalzata una stele con i nomi dei caduti sardi, compreso quell'Andrea Leoni, morto come Goffredo Mameli a Roma: ma lui il 20 settembre 1870, il giorno dei trionfi dei bersaglieri di Cadorna. Non a caso a lui sarebbe stata intitolata la nuova loggia massonica della nativa Tempio Pausania.
La pedagogia della statuaria chissà se davvero avrà avuto eco nello spirito pubblico dei cagliaritani. Forse - e il discorso vale per Dante come per Bruno - essa è stata sempre e soltanto affare di minoranze, un po' eterodosse ed anticonformiste. Come sempre capita, quando la provocazione viene da spiriti così alti.
Gianfranco Murtas