Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Se le attenzioni diventano violenza

Fonte: L'Unione Sarda
27 novembre 2008

L'associazione “Libera per la solidarietà femminile” aiuta e sostiene le vittime di soprusi

Il racconto di una donna russa che adesso vive a Cagliari

Un'associazione combatte contro le violenze domestiche e i soprusi sulle donne.
Un uomo adorabile, pieno di attenzioni, gentile. Credeva di aver incontrato una persona speciale, Tania Drobysh, trentunenne russa, a Cagliari da sette anni, oggi collaboratrice dell'associazione Donne al traguardo. Invece era incappata in un manipolatore, che trascorreva le sue giornate ad architettare piani per metterla in difficoltà sul lavoro, con le amiche, addirittura con la madre. Telefonate fasulle, inganni, minacce e non solo. Perché non si limitava alla violenza psicologica, non gli bastava muovere i fili di quella che pretendeva fosse la sua marionetta. La picchiava, motivando le percosse con atteggiamenti della ragazza considerati inopportuni, scagliava oggetti in aria. Era arrivato a legarla e tenerla per una notte intera in macchina. Per poi lasciarla scappare al sorgere del sole, piena di lividi.
IL RACCONTO Sarebbe stata l'ultima notte trascorsa con lui, fortunatamente, perché Tania da quell'incubo è riuscita a uscire. Ripercorrere un passato fatto di soprusi e botte, però, fa ancora male. «Un segno è rimasto, e sarà impossibile cancellarlo». Ma a prevalere è la consapevolezza che raccontare la sua storia, nella ricorrenza (martedì scorso) della giornata-simbolo contro la violenza sulle donne, può essere di conforto per chi sta vivendo lo stesso dramma, oltre che un invito a cercare sostegno, a non arrendersi. Il suo vuole essere un messaggio di salvezza e speranza. «Ce l'ho fatta, alla fine mi sono salvata grazie all'aiuto di una famiglia che mi ha teso la mano. Per le donne sole, che si tratti di immigrate o no, è davvero difficile».
La fase iniziale del rapporto non sembrava affatto il preludio dell'inferno. L'esatto contrario: «Era protettivo, avvolgente». Quando la sua vera natura ha iniziato a emergere, era ormai troppo tardi. «Mi ha ingannata dicendomi che l'ufficio per cui lavoravo in realtà nascondeva traffici loschi e mi ha portata a lasciare il posto. Mi impediva di chiamare mia madre, di avere amiche». Ha provato anche a lasciarlo una prima volta. Inutilmente: «Ero talmente soggiogata che sono tornata indietro, non ragionavo più, ero persa». Il calvario è durato un anno, fino alla notte più tremenda, legata e malmenata in auto, che non dimenticherà mai, ma che ha sancito il suo riscatto. Ora si è rifatta una vita, ha una bambina di due anni e mezzo e un compagno. «Faccio la mamma quasi a tempo pieno e, quando posso, offro il mio sostegno all'associazione».
L'ASSOCIAZIONE Non è un caso isolato, quello di Tania. Lo sa bene Luciana Cuncu, che ha fondato recentemente l'associazione “Libera per la solidarietà femminile contro la violenza”, che ha sede a Cagliari in via Farina 38, e sta raccogliendo tante testimonianze di donne disperate. Dalla moglie che non può affacciarsi dal balcone di casa per stendere gli indumenti a quella che non può nemmeno truccarsi, mettersi del profumo e andare a trovare i genitori da sola. «La forma di abuso più diffusa è quella domestica. Non si può fare nulla di propria iniziativa, l'autodeterminazione viene annullata dall'obbligo di un comportamento compiacente verso il proprio partner. Rientra in quest'ambito la violenza economica, che esclude la donna dalla gestione quotidiana della famiglia. Anche nel caso, comunque più raro, abbia uno stipendio. Che viene requisito dal marito». Spesso il problema rientra nella sfera della «violenza di genere, che può sfociare nell'omicidio». Non vuole sentire parlare di raptus Luciana Concu: «Di recente è stato coniato il termine femminicidio, che significa uccidere una donna in quanto tale oppure perché si è ribellata all'uomo. È da ritenere un crimine contro l'umanità, che però non viene riconosciuto».
Uno dei punti partenza per dire basta alla violenza, secondo la fondatrice dell'associazione, prescinde paradossalmente dagli uomini. «La solidarietà tra le donne spesso manca nella nostra società, alcune non hanno la cosiddetta consapevolezza dell'appartenenza di genere». Proprio su questo principio si basano le attività di “Libera per la solidarietà femminile contro la violenza”. Per il momento l'associazione offre un servizio di consulenza (per informazioni si può chiamare il numero 333-3971036) ma il progetto prevede la gestione di strutture di accoglienza, l'organizzazione di attività di sensibilizzazione e formazione, e la promozione di ricerche.
MARIANGELA LAMPIS

27/11/2008