Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Nel vortice della polvere bianca anche due sommergibili russi

Fonte: L'Unione Sarda
11 giugno 2013


Lo scrittore chiude “Leggendo Metropolitano” e spiega i mille rivoli della coca
 

Roberto Saviano al Bastione racconta “ZeroZeroZero”
Nel gigantesco gioco della cocaina ci sono anche due sommergibili dell'Armata Rossa, moneta con la quale la mafia russa paga quella colombiana per la fornitura della “polvere bianca”. I gioielli di un glorioso passato bellico entrano in scena quando il cartello colombiano non si accontenta più dell'accordo basato sullo scambio di merce - due chili di eroina per uno di coca - e pretende che anche i russi paghino cash, come tutti. Ma i russi rilanciano e a sorpresa mettono sul tavolo della trattativa due sottomarini pronti a stivare la “cipria”, la “polvere bianca”, la cocaina e trasportarla sott'acqua, invisibilmente , in giro per i porti del mondo. Napoli compreso. Racconta Roberto Saviano: «Il broker della mafia russa a Napoli è soprannominato Tarzan e porta brillantemente a successo l'operazione. Che fa col denaro guadagnato? Non investe più in coca ma apre un mobilificio nel Vesuviano. Nessuno sa a chi appartenga la nuova fabbrica ma l'obiettivo è raggiunto: i soldi sporchi del traffico di coca sono ormai ripuliti». È un pentito a portare a galla la storia del “russo vesuviano” e dei sommergibili. «Se non cuci insieme tutti i pezzi di queste storie, ti fregano sempre». Saviano ripeterà mille volte questo concetto, quasi fosse un mantra. «Io ci sono caduto, dentro a queste storie. Sono diventate la mia ossessione, proprio come la coca».
In una fresca sera cagliaritana di giugno, sulla terrazza del Bastione di Saint Remy l'autore di “Gomorra”, il libro pagato col prezzo della libertà personale, parla, racconta, ricorda con una voce piana, immutabile. Ultimo eccellente ospite del festival internazionale di letteratura “Leggendo Metropolitano”, presentato da Michele De Mieri, Saviano cerca di sbrogliare gli infiniti fili di una matassa complicatissima, spiegando i legami, le connessioni, le infinite strade nascoste della gestione della coca, le regole dei clan che l' amministrano . Parla, e non rivolge quasi mai lo sguardo al numerosissimo pubblico venuto a sentirlo parlare dell'ultima sua fatica: “ZeroZeroZero”, il libro racconto-denuncia sul business della coca. Un gigantesco affare che non conosce crisi, la cui cifra è la velocità con la quale invade il mondo, sposata a una capacità di mettere in circolo una spaventosa, inimmaginabile, quantità di denaro. Che finisce dove?
Ecco la prima grande domanda e la prima accusa al mondo politico, colpevole di rinunciare «a un dibattito quotidiano su temi che vengono invece affrontati come frammenti: il sequestro, l'omicidio, la partita di coca intercettata. Noi - incalza - conosciamo una porzione di storie che invece sono ricche di passaggi, dietro ai quali c'è sempre qualcuno che ha pagato, magari ucciso, ha di certo guadagnato». La mancanza di una visione completa porta con sé molti pericoli. «In tempi di crisi - avverte Saviano - c'è chi continua a fare tanti, tanti soldi. Ma noi sappiamo che le difficoltà fanno abbassare le difese immunitarie. Un'azienda in crisi di liquidità può rivolgersi alla banca che la strozzerà o può accettare senza tanti problemi denaro liquido. Questo significa solo che le mafie entrano più facilmente di ieri». Ma è la mutazione del Dna l'aspetto più inquietante. «Le mafie non modificano più i vertici delle aziende, tengono le persone che ci sono. Lo Stato non potrà mai sequestrare il nuovo segmento imprenditoriale criminale, perché ufficialmente alla criminalità non appartiene».
Dunque, l'ossessione di Saviano: collegare, mettere a fuoco, raccontare le geografie, descrivere le mappe della coca. «Nata come la droga dei ricchi che le organizzazioni hanno considerato un mercato di nicchia. Cosa Nostra - spiega - investe sull'eroina perché un eroinomane ne avrà sempre bisogno. La vera crisi di Cosa Nostra nasce col tramonto dell'eroina (prodotta al 98 per cento in Afghanistan e controllata dai talebani, i veri narcotrafficanti). La coca è una droga che si prende come un aperitivo, ti fa fare tutto, sentire al massimo, sempre connesso con tutto ciò che ti circonda: pippo per lavorare di più e portare più soldi a casa». La trasformazione delle mafie continua. «Prima la 'ndrangheta fa i sequestri per avere i soldi con i quali comperare la coca. Il ricavato viene investito in pale meccaniche, quindi in impresa edile e poi in appalti e dagli appalti si passa alla politica». Un mercato gigantesco, con le sue regole, scritte dalle mafie, naturalmente. Per capire meglio, c'è un detto: «La coca è una pianta che ha le foglie in Sud America e le radici in Italia e questo perché le regole le hanno sempre dettate le mafie».
Saviano ha mille storie da raccontare e un atteggiamento di fondo da stigmatizzare. Una storia emblematica è quella di Martin Woods, scrupoloso dipendente del colosso del sistema creditizio americano, la Wochovia Bank, che si attiene con puntiglio al protocollo antiriciclaggio. Gli basta poco per scoprire che i conti non tornano ma alla banca non piace questo “ficcanaso” e lo licenzia. Un incontro a un party con un uomo della Dea e il Patriot Act (che il presidente Obama vuole anche sulle mafie) gli consentono di scoprire che la sua Wochovia Bank ha riciclato 300 miliardi di dollari della coca. La HSBC, altro colosso bancario inglese, 1,9 miliardi di euro di coca. «Tutto questo non è mai diventato un argomento centrale», avverte Saviano. Ed è qui che lo scrittore punta l'indice: «Continuare a dire: si ammazzano tra loro, andate tutti a fare in culo significa fare il loro gioco. Parteggiare per una parte o per l'altra è ciò che loro vogliono. Bisogna invece smontare il meccanismo e questo lo si può fare solo raccontando ciò che le mafie fanno, svelando i meccanismi, alzando il livello dell'attenzione».
Un lavoro che qualche volta sembra non dia alcun frutto. Per Saviano vale la pena di affidarsi ai versi della poetessa bulgara Blaga Dimitrova: Nessuna paura che mi calpestino, calpestata l'erba diventa un sentiero .
Caterina Pinna