Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Don Cugusi e la sua Marina

Fonte: L'Unione Sarda
7 giugno 2013

Una targa «di gratitudine» per il sacerdote: la testimonianza e l'affetto dei residenti

 

Trent'anni di storia del quartiere, la festa in Comune


  

Trent'anni di vita tra le strade strette dove l'odore tabacco sprigionato dalla vecchia manifattura ha ceduto il posto a quello forte delle spezie. Un marchio quasi indelebile per il quartiere affacciato sul porto. «Trent'anni di fatica, entusiasmo e gratificazioni». Don Mario Cugusi ha scritto una pagina lunga della Marina, rimboccandosi le maniche per far rivivere un rione povero e quasi incapace di scrollarsi le ferite del Dopoguerra. «Le difficoltà ci sono state», ammette nel giorno in cui il Comune gli regala una targa «di gratitudine» per «la dedizione e l'impegno» nel quartiere alle spalle di via Roma.
PIÙ DI TRENT'ANNI FA Era il 1980 quando il sacerdote di Siurgus Donigala arrivò, allora trentacinquenne, nel capoluogo. Il sindaco era Cesare Pintus, il quartiere si allontanava dalla sua vocazione alla pesca. E il dialetto siciliano e quello campano venivano sostituiti da altre parlate in arrivo dal mare. Magrebini, cinesi, bengalesi, filippini. Don Mario li ha accolti, aiutandoli a inserirsi nella vita parrocchiale: «Il diverso arricchisce». Negli anni da parroco ha donato al quartiere l'oratorio, strutture educative, sportive, culturali e teatrali. La scommessa vinta una scuola di alfabetizzazione per gli extracomunitari. «Ho ricevuto tanto, ho vissuto tanti momenti di fratellanza davvero intensi».
LA CELEBRAZIONE «È sempre stato un prete in prima linea, un giudice di pace», commenta Ferdinando Secchi, consigliere comunale dell'Idv. «La Marina esiste oggi perché c'è stato don Mario», aggiunge il collega Mondo Perra. La sala consiliare del Comune è piena come non mai. Ci sono i vecchi parrocchiani e quelli nuovi, arrivati da Serdiana dove è stato trasferito da due anni. «Organizzare cultura e socialità come ha fatto lui è un mestiere raro», sottolinea Mario Faticoni, del gruppo teatrale il Crogiulo. Sergio Gaviano, presidente dell'associazione Nashdim, ha vissuto da vicino l'arrivo del prete filosofo con la passione per l'archeologia. «Il quartiere era piccolo e povero. Don Mario non si è mai pianto addosso». Determinato, tenace e progressista. «È merito suo se mi sono riavvicinato alla chiesa», ammette Salvatore Cubeddu.
L'AFFETTO PER DANILO Il ricordo di Danilo Durzu, il bambino down, chierichetto a Sant'Eulalia, riapre una ferita dolorosa. «Don Mario gli ha fatto da padre, insegnandoci cosa significa essere cristiani». Danilo non c'è più. Cugusi non riesce a trattenere le lacrime: «È il ricordo più bello della mia vita».
LO SCONTRO CON MANI Un prete schietto e anche un po' scomodo, con l'abitudine di dire sempre ciò che pensa. Come sei anni fa, quando intraprese una battaglia per la messa in lingua sarda. È il 14 dicembre 2007, compare un foglio di carta intestata. Il mittente è l'allora arcivescovo Mani: «Nessun testo per la liturgia che non abbia l'approvazione della Santa Sede». Non si rassegna: «Obbedisco, ma solo in parte», risponde lui. Trova un compromesso. Che a dire il vero sa anche un po' di sfida. Omelia, preghiera dei fedeli e canti del sabato restano in limba. Il rapporto con Mani si fa sempre più complicato. Il 17 luglio del 2010 l'arcivescovo decide di trasferire Don Mario. Il quartiere si schiera accanto al sacerdote. E quando il prelato cerca di spiegare le sue ragioni il popolo insorge. «Buffone, buffone», gridano i fedeli mentre risale sull'auto blu.
IL PASSAGGIO DI TESTIMONE Il passaggio di testimone a Don Marco Lai, dal 2010 è il direttore della Caritas cittadina a dirigere la parrocchia di Sant'Eulalia. Si stringono la mano: «Avevamo ottimi rapporti, non potevo certo perdere la possibilità di sciogliere un po' di gelo», dice don Lai. «Il mio arrivo alla Marina non è dipeso da me. Forse potevamo gestirlo diversamente». Poi il riconoscimento: «I trent'anni di Don Mario nel quartiere sono un eredità davvero impegnativa».
Sara Marci