Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il pasticciaccio brutto dell'ex Marino

Fonte: L'Unione Sarda
26 novembre 2008

Ieri, dopo la rinuncia ai lavori da parte dei privati, un'altra (inutile) conferenza di servizi
Angelo Cerina: «Tempi da brontosauri, l'affare non c'è più»

Le modifiche della Soprintendenza? Le società: «Stravolgono i nostri piani economici».
Stupore: questa, ufficialmente, la reazione di Regione e Soprintendenza ai beni culturali. La notizia che l'associazione temporanea d'imprese vincitrice del bando per la valorizzazione dell'ex ospedale Marino getta la spugna, per ora, l'hanno letta solo sul giornale: «Non abbiamo ricevuto comunicazioni», taglia corto Giovanni Pilia, direttore del Servizio regionale per demanio e patrimonio. Tanto che ieri si è regolarmente tenuta la conferenza di servizi fissata da tempo: gli enti c'erano tutti, Regione e Soprintendenza, Comune e Demanio, uffici Dogane e Tutela del paesaggio. Mancavano solo i privati: Sa & Go, San Maurizio e Casa di cura policlinico città di Quartu, per conto delle quali, nei giorni scorsi, lo studio legale Contu e Mura ha presentato alla Corte d'appello un “atto di significazione” che ufficializza la rinuncia ai lavori ottenuti, in via provvisoria, ventotto mesi fa. Lavori lievitati, dai 14 milioni iniziali, a 20 milioni di euro. Con fideiussioni bancarie già concesse.
PRIVATI E PRESCRIZIONI «Quale conferenza di servizi?», casca dalle nuvole Angelo Cerina, socio della Sa & Go e promotore del progetto per la trasformazione dell'ex Marino in un centro turistico-sanitario votato alla talassoterapia con vista sulla Sella del Diavolo: «Non siamo stati nemmeno invitati».
Una conferenza riunita in seduta «conclusiva e decisoria». L'esito? Sono state approvate le prescrizioni della Soprintendenza: quelle decise dal nuovo soprintendente Gabriele Tola e interpretate, rispetto alla chiusura totale durante la reggenza del suo predecessore Paolo Scarpellini, come aperture, ammorbidimenti, passi indietro. Consistenti, secondo la Regione. Insufficienti secondo l'associazione temporanea d'imprese.
BRONTOSAURI «La situazione è semplice», riassume Cerina, 55 anni, di Carbonia, ginecologo folgorato negli anni Ottanta dalle virtù curative ed economiche dell'acqua di mare, inventore (nel 1987, tempi pionieristici) e direttore delle Thaermae del Forte Village a Santa Margherita di Pula, ma anche (dal 2002, dopo 23 anni di Servizio al Santissima Trinità) responsabile della Ginecologia al Policlinico di Quartu (dove ha reso possibili il parto in acqua e quello in casa) e da tre anni coproprietario del Lido, al Poetto. «Dall'aggiudicazione temporanea dei lavori a oggi sono passati due anni e mezzo: e in questo periodo, per l'economia, è come se fossero crollate per tre volte le Torri Gemelle. Ma noi siamo imprenditori, non brontosauri». L'affare, insomma, non è più un affare. Il problema non sono solo i tempi lunghi ma anche le prescrizioni della Soprintendenza: «Abbiamo vinto un bando - prosegue Cerina - e reclamiamo il diritto di realizzare il progetto con cui abbiamo partecipato. Volevamo realizzare un centro in grado di reggere il confronto con quello di Montecarlo, il termine di riferimento nel Mediterraneo. Quelle modifiche cambiano radicalmente i nostri piani economici. Sarà probabilmente un giudice, a questo punto, a quantificare i danni».
VASCHE CON VISTA Cruciale la questione tetto. Cerina e soci volevano incassarci le vasche per la talassoterapia: panoramiche, dovevano dare al cliente/paziente l'impressione di trovarsi «su una nave in mezzo al mare» o fra le valve «di una conchiglia». La Soprintendenza sostiene che bisogna poggiarcele sopra, senza sfondare. Di conseguenza, per garantire la sicurezza, occorrerebbe innalzare i parapetti. Ingegneri e tecnici delle società, fatti due calcoli, hanno storto il naso: «Anziché il mare - commenta Cerina - i clienti vedrebbero un muro. Tanto vale, allora, costruire a Su Planu, anziché al Poetto».
PILASTRI E SOFFITTI Ma il problema più grosso sono gli interni: «Su quelli non accettiamo una virgola di cambiamento». Per il soprintendente Tola, è vero, i pilastri che è necessario abbattere possono essere abbattuti. Così come può essere sfondato il soffitto per realizzare una grande hall. E non è più necessario tenere il soffitto a due metri e 40: lo si può innalzare fino a due e 70. «Ma l'abbattimento dei pilastri è consentito in misura solo parziale e non consente, per esempio, di realizzare il ristorante progettato. E i soffitti a due metri e 70 non permettono di installare certe strutture medicamentali. Ma poi: se accettassimo le modifiche e realizzassimo il centro come lo vuole la Soprintendenza, non sarebbe più quello previsto nel bando. Chiunque potrebbe presentare un ricorso, con ragioni fondate. E noi, coi cantieri aperti e fornitori e operai da pagare, saremmo rovinati».
MARCO NOCE

26/11/2008