SAN MICHELE. Residenti disperati
Topi, blatte, erbacce, rifiuti, carcasse d'auto, grondaie arrugginite, cornicioni pericolanti. Così all'esterno. Dentro è peggio. Tuguri di pochi metri quadri senza porte e finestre, solai ammuffiti, muri scrostati, mattonelle smosse, fili scoperti, pianerottoli al buio e scalini ripide con decine di anziani sequestri in casa.
I residenti del “rione della vergogna” (vie La Somme, Podgora, Laghi Masuri, Ardenne e Bosco Cappuccio) sono esasperati. Da troppo attendono che il Comune sistemi le palazzine, edificate mezzo secolo fa e mai ristrutturate. Un'attesa vana. Il malcontento cresce e la situazione è diventata esplosiva. «Non si può vivere così». Il coro è unanime e ieri sera decine di persone sono scese in strada, accompagnando i cronisti in un tour per stomaci forti, in stile Bronx. Lo avevano già fatto un anno fa. L'indignazione si era trasformata in rabbia e le strade erano state bloccate con i cassonetti per lanciare un messaggio: «Ora basta!».
Stavolta ha prevalso il buonsenso. Nessun eccesso, nessun clamore. Solo una triste constatazione. «A distanza di un anno non è cambiato niente». A fare da “cicerone” ci ha pensato Silvio Pinna, fruttivendolo, portavoce del Comitato di quartiere. «Siamo stati abbandonati, vedere per credere». Basta sfiorare un muretto e Pinna si ritrova in mano un calcinaccio di tre chili. «Se cade in testa a un bambino…».
Beniamino Angius, 62 anni, abita in via Podgora. «Il sindaco aveva promesso che metteva a posto tutto, non ha mantenuto la parola». «Non è stato fatto niente», tuona Natalina Banchero, 91 anni, «dopo 16 anni di richieste mi hanno messo a posto solo il bidet». «Il sogno di mio marito», si commuove Eugenia Lasio, 84 anni, «era di vivere in una casa in buone condizioni. A febbraio è volato in cielo, la casa è ancora così. In 53 anni abbiamo sempre pagato tutto. È una vergogna». Caustico il capogruppo dell'Udc, Gianni Chessa. «Quest'amministrazione sta rischiando di essere ricordata come la Giunta dei ghetti. La soluzione c'è ma qualcuno ha paura di percorrerla. Bisogna introdurre l'edilizia popolare in centro per favorire l'integrazione. Il Comune possiede stabili in via del Mercato Vecchio e in via Tuveri. È lì che bisogna fare case non a San Michele, dove ce ne sono già troppe e servono servizi».
Paolo Loche