Chioschi
POETTO C’è il via libera della Procura, i proprietari dei baretti sotto sequestro possono smantellare e sperare di riaprire. Non tutti esultano. Dal Palm Beach: ho perso tutto. Il Twist: rassegnati
La risposta del Tar ai gestori dei chioschi che chiedono di ribaltare il no del Comune all’accertamento di conformità arriva oggi. Ieri, intanto, la Procura, con tanto di firma del pm Gaetano Porcu, ha concesso ai proprietari dei baretti di superare i sigilli, ma solo per smontare quanto tirato su un anno fa. Non un dissequestro: quello avverrà solo dopo la totale rimozione dei baretti. Una buona notizia? A sentire i gestori, non proprio: quasi tutti attendono lumi dal Tar, che potrebbe rimettere tutto in gioco, evitando perciò un nuovo smonta e rimonta. Infatti, sembra che nessuno di loro abbia i denari necessari – circa 30.000 euro, stima al ribasso – per tirare giù tutto e rimontare, con tutte le incognite del caso (il Pul su tutti). «Non posso smontare, non mi bastano i soldi. Saranno tempi lunghi, dovrò passare per tanti uffici con la documentazione. Non so più cosa pensare è una colossale vergogna», dice Maria Cabras del Palm beach, «ho seguito le regole del Comune, eppure dopo una vita di sacrifici ho perso tutto in due anni». Stare con le mani in mano pesa, non poco, anche a Antonio Congera, del Capolinea: «Non lavorare alla mia età è umiliante. Sono molto preoccupato, devo trovare i soldi per smontare e rimontare il chiosco », spiega, «sono spese importanti. Mia figlia domenica fa la comunione, come regalo ha espresso il desiderio che io possa tornare a lavorare». Piero Marci, titolare de Il miraggio, non è ricorso al Tar: «Smonto subito, senza perdere tempo. I debiti sono tanti, posso onorarli solo se torno a lavorare, non voglio perdere la stagione estiva». Attende con speranza buone nuove dal tribunale amministrativo regionale Alessandro Cogoni, La sella del Diavolo: «Spero si pronunci positivamente, non dovrei smontare, sennò lo farò comunque, voglio cercare di salvare la stagione lavorativa ormai iniziata e mettere al riparo la concessione demaniale ». Per tornare a servire bibite e panini è costretta a chiedere un prestito Anna Frongia, numero uno de Il Nilo, alla sesta fermata: «Non lavoro da cinque mesi, aggiunti agli otto dell’an - no scorso. Sono disposta a smontare, anche se è una situazione senza logica, la politica ci costringe a stare disoccupati ». E Luigi Lampis, de La dolce vita dell’ottava fermata, è netto: «Se il Tar non ci dà ragione, smonto e rimonto, sono costretto. Nessuno dei gestori ha i soldi, vanno trovati. I tempi e le modalità sono incerti, dopo due anni di giustizie», afferma, «il poter tornare a lavorare penso sia un atto di buonsenso, anche se lo smontaggio è una ghigliottina». Maurizio Marongiu, Twist: «Smonterò, seppur con tutte le incognite del caso». Paolo Rapeanu +