POETTO. L'iniziativa di un gruppo di cittadini. «Una protesta civile»
Prima stazione l'arroganza: chiosco Otium, subito dopo Marina Piccola. «L'arroganza è quella della classe politica che avrebbe dovuto trovare una soluzione per i baretti», si sente dal megafono. La voce è quella di Davide D'Elia, musicista, che attraverso Facebook ha chiamato a raccolta i cagliaritani per una “Via Crucis laica” lungo i baretti del lungomare. Quattordici chioschi, quattordici fermate, quattordici offese. Dall'Otium al Capolinea, ultimo baretto prima del confine con Quartu. Dall'arroganza al rancore, passando per il disprezzo, il dubbio, la calunnia, la mancanza di fiducia e quella di rispetto. «Sono tutte offese che da più parti e, a vario titolo, hanno creato la situazione attuale al Poetto», spiega D'Elia.
CAMMINO DI RIFLESSIONE Ore 15,30, davanti alla Prima fermata si radunano meno di un centinaio di persone per un «cammino che vuole essere riflessione e presa di coscienza del problema», sottolinea il promotore. Il significato è quello di una «lotta» tutti insieme. Carlo Saba la sua proposta la mette per iscritto su un cartello: «I baretti a Su Siccu, i ricciai a Is Arenas, il Cagliari al Poetto e la Giunta comunale a Trieste». «Venivo qui tutte le domeniche per un toast, ora non più», confessa.
SITUAZIONE ALLUCINANTE «Vivo al Poetto da 35 anni», racconta Anna Paola Casu, titolare di un bed and breakfast, «e questa situazione è allucinante. Dove li spedisco i clienti che vogliono mangiare un gelato o bere una bibita? Oltre a questo aspetto», dice ancora, «c'è il problema della criminalità. Senza i chioschi il lungomare è deserto e diventa preda di balordi». Il paradosso arriva al chiosco Malibù, dopo il Lido. Il corteo incontra un gruppo di giovani militari tedeschi che sorseggia una birra calda, acquistata in un supermercato vicino. «Ecco un esempio di come sta il Poetto senza baretti», dice Thirsa Rita Rossi Turapelle, avvocato brasiliano, da un anno in città. «Non è possibile che Cagliari viva questa situazione, una soluzione va trovata e al più presto». Tutti i baretti presentano lo stesso aspetto: nastro da cantiere a vietare l'accesso, tavolini e sedie affastellati. Dopo le 18, l'ultima fermata, al Capolinea: «Il rancore». «Per cambiare le cose bisogna far sentire la propria voce», conclude D'Elia. «In modo civile i cagliaritani lo hanno fatto».
Mauro Madeddu