Dal 3 maggio Giorello, Bodei, De Monticelli e Gallese a Cagliari
Il capolavoro di Ibsen al Festival della Filosofia
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Se lo scopo della nostra vita è quello di diventare bambini, per concedersi questo gran lusso è necessario essere cresciuti, essere liberi, autonomi, coerenti. «Avere una faccia, agire», avverte con forza la filosofa Roberta De Monticelli. Semplicemente «divenire sé». Magari diventando un po' ladri di storie, proprio come fa Peer Gynt, l'antieroe protagonista del capolavoro di Henrik Ibsen che quest'anno sarà la bussola per navigare tra i dialoghi filosofici del secondo Festival della Filosofia che ha per tema “L'avventura d'esser sé. Identità, verità e finzione”. Un intelligente appuntamento, figlio della collaborazione tra la facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Cagliari e il Teatro Stabile della Sardegna che si terrà al Massimo dal 3 al 6 maggio.
Dunque divenire sé. Avere un'identità. Ma che cos'è questo bisogno cercato da Socrate e rincorso da Peer Gynt attraverso le sue interminabili avventure? «Peer Gynt è l'uomo del Novecento che fa una fatica ancora più terribile ad assumere un volto, perché non eredita più modelli dal passato», spiega la De Monticelli, docente di Filosofia della persona all'Università Vita Salute San Raffaele di Milano, prestata alla Humboldt Universität di Berlino, che insieme a Pier Luigi Lecis, presidente del corso di laurea di Filosofia, è l'anima del Festival. «Nell'opera di Ibsen ci sono temi che sollecitano tutti, dai filosofi agli psicanalisti, perché c'è la profezia dell'oggi, l'adolescenza che non finisce mai. Tutto è appiattito, vince il peggio, l'inerzia della responsabilità. Peer Gynt si reinventa questo mondo attraverso le storie che ruba».
In un'avventura c'è sempre un viaggio, e Peer Gynt è sicuramente un degno erede della stirpe degli Ulissidi, ma per navigare in un paese come l'Italia dove da Plauto in poi «la comicità ha avuto un enorme posto» non si può che cominciare con un dialogo dove il protagonista è il più «filosofico dei comici, Alessandro Bergonzoni, uno che fa ridere il cervello, e il più errante e libertino dei matematici, Giulio Giorello». E ordine e trasgressione sia, venerdì 3 maggio dalle 17,30 alle 19.
Filosofia e teatro, intrecci infiniti di ricerca di conoscenza di se stessi, della propria anima, così simile a una cipolla che può essere sfogliata (è la metafora di Peer), velo dopo velo, sostenuti dal dubbio se c'è o non c'è un nocciolo di ciò che siamo. Per trovare una strada alle 21 c'è uno spettacolo col quale confrontarsi: “Peer: Storie di un ladro di storie. Viaggio nel Peer Gynt di Ibsen”. Un lavoro dove parlano le voci culturali della città: il Teatro, il Conservatorio che ha scritto le musiche originali e l'Università. «Ragazzi e ragazze - racconta il regista Guido De Monticelli - sulle orme di un ragazzo come loro, Peer Gynt. Gli studenti di Filosofia a discutere di identità, verità e finzione sul palcoscenico del Massimo e quelli di Architettura alle prese con progetti per dare forme alle avventure di Peer. Quelli del Conservatorio per evocare suoni e musiche». «L'idea guida - aggiunge Pier Luigi Lecis - è quella di catalizzare energie diverse, trasformando il teatro in un luogo di incontro cittadino, in cui si forma, in tempi così difficili, un messaggio capace di oltrepassare i confini».
I dialoghi, inframmezzati da pause gyntiane, proseguono sabato con “Fatti e finzioni”, estremo distillato del Peer-pensiero. Alle 11 Maurizio Ferraris, strenuo difensore dei fatti e dei patti in un mondo imbrigliato in una ragnatela di interpretazioni, dove non conta più la parola e dove non c'è fiducia, duellerà con il filosofo Achille Varzi. Trasmigrato alla Columbia University di New York, teorico dell esse est percipi berkleyano, ovvero del noi vediamo ciò che crediamo sia, e altro non siamo che atomi riciclati, “polvere di stelle”. Al pomeriggio (alle 17,30) si gioca in casa con il filosofo cagliaritano Remo Bodei che discute con il collega sassarese Antonio Delogu di “Verità e poesia”.
Dubbio: chi vorrà salvarsi l'anima la perderà? Risponderanno alla pericolosa domanda, domenica alle 11, Lecis e la De Monticelli, sedotti dal tema centrale del Peer Gynt: l'anima appunto che non trova mai il nocciolo duro, proprio come avviene quando si sfoglia una cipolla. «E se invece ci fosse una ghianda, piccola ma così potente da generare una quercia?» Non paghi di tante avventurose sollecitazioni, i partecipanti al Festival avranno anche la fortuna di imbattersi nel Professor Begriffenfeld (letteralmente campo di concetti), direttore del manicomio dove Peer viene incoronato Imperatore dell'Io. A far da guida nel “Sé e identità tra corpo e mente: il caso della schizofrenia” sarà Vittorio Gallese, lo scopritore dei neuroni specchio (quelli delle emozioni) e il neurologo Filippo Maria Ferro, massimo esperto dell'adolescenza, la stagione di Peer.
La giornata conclusiva, lunedì 6 maggio, con “La Norvegia, la Sardegna e l'altra metà del cielo” il Festival si apre (alle 11) ai due orizzonti estremi, in cui saga, mito e tradizioni musicali sono i fili attraverso i quali Duilio Caocci, docente di Letteratura italiana e sarda all'Università e l'etnomusicologo Ignazio Macchiarella guideranno gli spettatori. «La fiaba - osserva ancora la De Monticelli - è un veicolo per la costruzione di idee. Solo se si riesce a diventare adulti e ad avere un volto si riesce a ritornare bambini».
Il viaggio termina al pomeriggio con l'invito di due voci femminili, la scrittrice Michela Murgia e Maria Giovanna Piano, direttrice dell'Ifold di Cagliari, a “Rifare il giro: il discorso dell'altra”. Un'esortazione alla ragionevolezza, merce rara. E qualità che con molto garbo e una pizzico di ironia ha invocato Maria Grazia Sughi, presidente del Teatro Stabile della Sardegna, nei rapporti con il presidente della Giunta regionale e l'assessore alla Cultura (Comune e Provincia erano ben rappresentati dagli assessori Enrica Puggioni e Giampiero Comandini). «Se potessimo incontrarci - ha detto - gli diremmo quanto è bello il teatro e a quanta gente dà lavoro».
Caterina Pinna