Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'istrione e il servo di scena nella solitudine del palco

Fonte: L'Unione Sarda
8 aprile 2013


Successo a Cagliari per la rappresentazione dell'opera di Ronald Harwood
 

Franco Branciaroli mattatore al teatro Massimo
Il teatro che parla di se stesso, di vanaglorie e desideri di eternità, di un innamoramento sconfinato per il mestiere e di fatiche usuranti in tournée, di paturnie per la memoria a rischio quando il sipario sta per levarsi e l'attore sarà solo sopra il palco, senza l'aiuto di nessuno. E il teatro che omaggia se stesso e la propria sacralità attraverso la grandezza imperitura di Shakespeare. Il drammaturgo e sceneggiatore Ronald Harwood aveva confezionato “Servo di scena” come un meraviglioso testo a più livelli, un inno all'arte cantato nella parabola discendente di un acclamato mattatore delle scene in una Londra sotto attacco nazista, dove le compagnie più coraggiose non si fermavano tra il frastuono delle sirene antiaereo e la caduta delle bombe. Lo spettacolo, nella traduzione di Masolino D'Amico e per la regia di Franco Branciaroli, chiude il cartellone del Cedac al Massimo di Cagliari, ancora oggi alle 19.
Branciaroli interpreta (magnificamente, nonostante condizioni di salute non ottimali) un istrionico ed eccessivo Sir Ronald, grande attore egocentrico sulla via del declino. Sta per impersonare Re Lear nella replica numero 227, ma un malore sembra rendere impossibile la recita. Ad accudirlo e spronarlo sino alla fine sarà il suo servo di scena, Norman (Tommaso Cardarelli che crea un bellissimo personaggio nevrotico e pulsante, talvolta compiaciuto nella macchietta), che è con lui da 16 anni, mentre attorno galleggia la sua compagnia in apprensioni, frustrazioni e passioni. C'è Milady, la moglie del Sir (Lisa Galantini), stanca di una vita professionale priva di vero successo, la direttrice di scena Madge (Melania Giglio), da sempre segretamente innamorata del capocomico, la comparsa Irene che vorrebbe fare carriera (Valentina Violo) e due vecchi attori (Daniele Griggio, Giorgio Lanza) restati ai margini.
La scenografia di Margherita Palli prende per mano lo spettatore e lo conduce nelle zone a lui proibite, ponendo uno sull'altro due piani: i camerini e il dietro le quinte. La bellezza e i segreti del mestiere vengono alla luce (la generosa lezione di trucco, il funzionamento della macchina del vento) accanto alle fragilità umane e alla stanchezza di un vecchio attore. La sua finzione diventa svelamento sul palco, quando depura la propria recitazione nel Re Lear che piange Cordelia, e la morte lo attende da vicino. La incontrerà con un sorriso e un pugno di autobiografia in cui solo il servo di scena - proprio lui - sarà l'unico dimenticato.
Ritmo, vivacità in un paio d'ore che volano via veloci caratterizzano una costruzione perfettamente riuscita. Metateatro e persino oltre. Perché quando, durante il debutto, si fa una parziale luce in sala per l'improvviso malore di una spettatrice, quello che succede sul palco non si ferma. Lo spettacolo deve continuare. Là sopra c'è un altro mondo che vive a parte, fatto da bravi professionisti.
Manuela Vacca