Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Programmate o minimaliste, spazio alle opere ritrovate

Fonte: L'Unione Sarda
22 marzo 2013


Cagliari, inaugurata l'esposizione con i lavori raccolti tra gli anni '60 e '70

Collezione d'arte contemporanea al Palazzo di Città

Musei civici, capitolo secondo. Ovvero un tesoro di opere d'arte contemporanea ritrovato e restituito alla città. È il mood della mostra “Gli Spazi dell'Arte dall'Arte Programmata al minimalismo” inaugurata ieri pomeriggio al Palazzo di Città di Cagliari. «Un ritorno a casa», lo ha invece chiamato Giovanni Campus, uno dei ragazzi dagli 80 anni in su, ieri presente alla vernice con una bellissima “Struttura vibrante” del 1966, testimone insieme alle altre preziosissime opere del fermento culturale di cui Cagliari fu protagonista tra gli anni Sessanta e Settanta. «Eravano immersi in una realtà nuova e dal punto di vista di senso - ha aggiunto con una delicata timidezza - la ricerca era il nostro modo per andare oltre».
Oltre i confini dell'Isola ci andò sicuramente Ugo Ugo, direttore della Galleria comunale d'arte di Cagliari che riuscì a far diventare la città uno dei punti di riferimento dell'arte contemporanea. «La raccolta - ha spiegato Anna Maria Montaldo, curatrice della mostra e direttrice della Galleria comunale - è frutto di un'ambiziosa e fortunata impresa realizzata da Ugo che collaborò con Aldo Passoni, l'allora vicedirettore dei Musei civici di Torino, Antonello Negri e Salvatore Naitza. Anche l'Università, dove insegnavano personalità come Gillo Dorfles, Corrado Maltese e Marisa Volpi, svolse un importante ruolo». Eppure queste straordinarie opere come lo “Fleximofono” del piemontese Piero Fogliati, fatto per essere sfiorato dal visitatore che ne avrà in cambio un suono e un incredibile movimento, o il monumentale “Pondus” di Roberto Aricò, passando per Enzo Mari, Carlo Lorenzetti, Mauro Staccioli, Francesco Guerrieri, Tonino Casula, Igino Panzino sono rimaste “nascoste” per quindici anni.
Il merito è di averle restaurate con perizia e riportate in vita. «Il discorso cominciato a giugno di un anno fa continua», ha precisato l'assessore alla Cultura del Comune Enrica Puggioni. «Il progetto è di trasformare i musei civici da luoghi d'arte in centri di contaminazione per la città». Ricreare insomma, in un modo indiscutibilmente nuovo, quell'interesse speciale che si respirò in quei fertilissimi anni.
Basta soffermarsi per un istante sul concetto di Arte Programmata per capire quanto il viaggio possa essere avventuroso, sfiorando e magari facendo girare la “Farfalla” di Luigi Mazzarelli in mostra insieme alle opere dell'Arte Programmata, definizione più precisa data in Italia all'Arte Optical e all'Arte Cinetica. Si resta incantati davanti alla “Polvere magnetica” di Davide Boriani, importante esponente del Gruppo T, il cui segreto meccanismo riesce a creare all'infinito immagini sempre nuove. Non è l'unica ragione per restare stupiti: i meccanismi, parte integrante dell'opera d'arte, degli anni '70 sono ancora efficienti a dispetto dell'età.
Tra le neoavanguardie degli anni Sessanta, la Minimal Art ha un ruolo di primo piano. Nella mostra lo racconta in modo straordinario “Black Power”, una potente scultura di colore nero, realizzata da Giuseppe Spagnulo nel 1969 e che evoca la protesta degli atleti neri alle Olimpiadi di Mexico '68. Minimal è anche il ferro acuminato di Mauro Staccioli o i dubbi di “Se quello o quell'altro” di Pasquale Santoro, manifesto di una filosofia tradotta in scultura.
Meno dirompenti, ma non meno emozionanti, i lavori esposti nella sezione dedicata alla grafica, testimoni delle correnti di ricerca internazionale fatta da Robert Carroll, Luciano De Vita o Valerio Adami. La mostra potrà essere visitata tutti i giorni dalle 10 alle 18 (lunedì escluso).
Caterina Pinna