Cagliari, da domani al Castello di San Michele 90 opere grafiche di venti artisti
Dall'orizzonte urbano alla linea che separa terra e cielo
Vedi la foto
Una linea nera orizzontale, appena incerta. Bianco sopra, bianco sotto. È la sintesi estrema dell'idea di paesaggio rappresentata dall'artista americano Robert Withman, per dire esattamente ciò che divide il cielo dalla terra. Questa essenziale opera può essere la fine oppure l'inizio di un affascinante viaggio nel paesaggio, un percorso di lettura attraverso le opere grafiche di venti artisti, proposto in “Spazi. Da Dürer a Picasso”, la ricca e intelligente mostra organizzata da ArtCamù, che si inaugura domani pomeriggio (alle 18) al Castello di San Michele a Cagliari.
La bussola per orientarsi nella scoperta dell'evoluzione della percezione dello spazio non è la successione cronologica delle opere, comprese in un arco di tempo che va dal 1500 fino a oggi. A guidare il visitatore sono invece i fili sottili delle letture su più piani del concetto di paesaggio, alcune delle quali affidate anche all'occhio di chi guarda, senza mai prescindere dal luogo nel quale la mostra è ospitata: il Castello di San Michele, uno dei punti più affascinanti della città, l'unico dal quale il paesaggio si perde nell'infinito. «L'idea prima è stata quella di far vivere le opere della Collezione Camù - spiega Lidia Pacchiarotti che insieme a Carla Orrù è stata chiamata a curare la selezione delle opere, mentre i testi critici sono stati affidati allo storico dell'arte Efisio Carbone - e, come per “Facce” (la mostra allestita lo scorso anno), “Spazi” affronta un unico tema, il paesaggio appunto, letto in modo trasversale».
Materia, territorio, spazi, tutte chiavi possibili per entrare in un mondo che ha tanti alfabeti per essere decifrato. Ecco perché le curatrici hanno scelto di suddividere in undici sezioni i novanta capolavori, selezionati tra le 5000 opere della Collezione Camù. Si va dallo skyline alla roccia, all'acqua, agli alberi per capire di volta in volta come gli elementi integrano, modificano, addirittura annullano il concetto di paesaggio.
Che diventa, per esempio, testimone muto nelle opere che lo spagnolo Francisco Goya dedica agli orrori della guerra. Vedi alla voce “Dentro il paesaggio”: lo sfondo è quasi assente, come assorbito dal dolore. «Nella divisione delle opere fatta dalle due artiste - osserva Efisio Carbone - c'è una lettura anche affidata all'impressione soggettiva che si ha di un'opera. I lavori dello scultore Henry Moore, la cui produzione grafica è sicuramente meno nota, sono inseriti in più sezioni».
Nelle sale del Castello di San Michele, dove le opere sono esposte ad altezza di bambino, le pietre di Stonehenge disegnate da Moore possono quindi appartenere alla categoria dei “Territori” perché spiegano bene la tipicità del luogo rappresentato, ma anche a “Rocce”, sezione nella quale si esalta la materia. A ben guardare il tratto potrebbe persino assomigliare alla corteccia di un albero: ecco allora un'altra opera dello scultore inglese inserita nella categoria “Alberi”. Va da sé che si trovino le pietre di Stonehenge di Moore a pieno titolo anche nel “Paesaggio archeologico”.
Questo gioco vale per gli artisti esposti, come Carlo Carrà, Anselmo Bucci, Fernand Léger, Fortunato Depero, esponente chiave del secondo futurismo, Salvator Dalì, Gianfranco Bucarello, Robert Rauschenberg e il minimalista Ellswort Kelly che, accostando verticalmente due superfici, una bianca e una nera, dice al nostro occhio che c'è un orizzonte. Si viaggia insomma dai virtuosistici “capricci” di Giovanni Battista Piranesi, che disegna l'Italia ambita meta del Grand Tour, ai paesaggi urbani di Alberto Giacometti che con un tratto rapido disegna orizzonti cittadini, osservati dall'interno di automobile.
Improvvisamente uno sciame di alunni delle scuole elementari in grembiule blu invade le sale del castello. Ecco perché le opere sono esposte al altezza di bambino. Tra le mani tengono un foglio sul quale Carla Orrù e Lidia Pacchiarotti hanno inserito quattro o cinque dettagli delle opere in mostra. Ai bambini o al visitatore che verrà il compito di rintracciarli in una sorta di caccia al tesoro, piuttosto speciale, tra un paesaggio notturno di Rembrandt, la tauromachia di Pablo Picasso, l'essenzialità geometrica di Luigi Veronesi o un bellissimo Eduard Manet, capofila degli espressionisti, inserito alla voce “Acqua”. «È la nostra proposta per il visitatore», sottolinea Carla Orrù: «Non è facile individuarli, ma ci si riesce. Soprattutto è un invito a guardare le opere con un'attenzione diversa, a fare più letture del paesaggio».
Esposizione e didattica coabitano nella mostra che resterà aperta da domani fino all'8 settembre (tutti i giorni dalle 10 alle 13, dalle 15 alle 18, lunedì escluso). Per sperimentare il segno e costruire un'idea di paesaggio è possibile partecipare a laboratori senza alcun limite d'età.
“Spazi” ha il merito di aver portato alla luce opere di grafica di artisti che il mondo conosce per i dipinti. «Una ricchezza - osserva Francesca Spissu, vicepresidente del Consorzio Camù - da valorizzare». Potete immaginare grafiche di Marc Chagall? Non sono così lontane dai suoi romantici e colorati quadri: ci sono anche qui paciose colombe che volano su un orizzonte urbano per lasciare poi il posto ad aerei di guerra.
Ecco un legame col presente di Cagliari, che in questi giorni ricorda gli orrori dei bombardamenti. Non è certo l'unico. Alla conferenza stampa di presentazione Enrica Puggioni e Barbara Argiolas, assessori alla Cultura e al Turismo del Comune, hanno posto l'accento sull'«attualità di temi come il paesaggio e lo spazio urbano, fino a quello industriale e alla sua qualificazione». Per capire quanto vicino sia il concetto tra l'orizzonte di ieri e di oggi, basta soffermarsi sul pannello costruito dalle curatrici ed esposto all'ingresso. È una serie di fotografie di particolari o paesaggi fatta dalle artiste esclusivamente dal Castello: gli scatti di oggi sono accostati alle foto delle opere esposte. Le similitudini, una sorpresa.
Caterina Pinna