RABBIA IN SPIAGGIA
I chioschi non sono stati smontati il 31 ottobre, come previsto dall’auto - rizzazione provvisoria rilasciata dal Comune. E l’inchiesta della Procura, avviata ieri, è un’altra tegola, l’ennesima, che piomba sulle attività commerciali del litorale, a un respiro dall’inizio della bella stagione. Adesso, il rischio concreto è un Poetto senza servizi. Non si sa per quanto tempo. Ma, se da un lato la magistratura intende andare fino in fondo, i proprietari delle strutture rimodulate e risorte lo scorso aprile promettono battaglia. Lotta senza esclusione di colpi: nessuna intenzione di compiere gesti violenti, ma se da qualunque direzione dovessero avanzare le ruspe, pronti a trasformarsi in scudi umani. Per proteggere la loro unica fonte di reddito, per la quale un anno fa hanno speso in media 120mila euro. Loro continuano a sostenere che il Comune aveva promesso che, una volta ricostruiti secondo norme e misure ben precise, i baretti sarebbero rimasti in piedi per sempre. Ma a parlar chiaro sono le autorizzazioni, che avevano una data di scadenza: il 31 ottobre. Di mezzo poi sono subentrati tiranti di ogni tipo, che hanno fatto finire le carte in Procura. Dall ’ombra della Sella del diavolo al rudere dell’ex Marino – oltre c’è solo la mezzo sommersa Torre spagnola, poi inizia Quartu – la battaglia si preannuncia aspra. Tra i gestori, c’è chi preferisce non parlare. In una simile situazione – Procura in azione pochi giorni dopo la sfilza di condanne per i vecchi abusi–meglio far parlare e agire i propri avvocati. Ma la maggioranza dei proprietari ha un messaggio monovoce da lanciare: non smontiamo nulla e siamo pronti ad azioni clamorose. Al Baretto Il Nilo, da ventisette anni la proprietaria è Anna Frongia, che dava lavoro a marito, figlia e due ragazzi: «Farò tutto quello che c’è da fare per non farlo abbattere, anche incatenarmi. La politica dice che non ha soldi per via della crisi, dunque non può sprecare soldi per demolire il baretto. Noi siamo al verde da mesi», dice, «ci vogliono mettere in mezzo alla strada, ma noi non siamo delinquenti. È tutto un gioco della politica, da un lato comanda la sinistra e dall’altro la destra, noi siamo in mezzo e veniamo schiacciati». Le settanta primavere non incidono sulla volontà di battagliare di Maria Cabras, per tutti solo “signora Maria”, numero uno del Palm Beach, quarta fermata: «Pronta a combattere e a incatenarmi con i miei quattro figli. Loro vivono grazie al chioschetto, che futuro avrebbero? », domanda sconsolata la Cabras, «siamo vittime della politica, pronta a protestare in piazza, il Poetto è la sola spiaggia al mondo che sta viven- do questo dramma». Qualcuno ha già in mente una valigia piena e un lavoro lontano dal litorale: «Se non ci saranno spiragli e dovrò abbattere, andrò a vivere all’estero. La situazione lascia increduli, non è un fatto di battaglia cattiva, ma di buon senso», dice Antonio Congera, da Il Capolinea, «la politica sia più vicina a noi cittadini, dunque risolva il problema. L’indotto lavorativo dato dai chioschetti coinvolge oltre duecento persone, è giusto ricordarlo». Quinta fermata, chiosco Twist: «Pronto a incatenarmi, è il mio unico lavoro», afferma Maurizio Marongiu, «la speranza è una legge ponte regionale, che ristabilisca che temporaneità non si lega a stagionalità. La diatriba è tutta politica », osserva, «ma le soluzioni per noi poveri mortali esistono, sono nelle norme, non si tratta di fantasie. Voglio resistere a oltranza, senza violenza ma in modo deciso». E la sabbia del Poetto vuole tornare a calpestarla come imprenditore del suo chiosco, La sella del diavolo, anche Alessandro Cogoni: «Mi difenderò seguendo le vie legali, sono anche disposto a proteggere il mio baretto fisicamente. Il Comune e la Procura potrebbero rallentare un pochino, in attesa di una qualunque norma transitoria, questa sarebbe vera giustizia ». Paolo Rapeanu