«Non abbiamo i soldi»
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Loro non smonteranno, qualunque cosa accada. Alla fine dei conti, i diretti interessati all'intricata vicenda dei baretti al Poetto sono loro, i titolari delle attività commerciali. Che, sottolineano, non vogliono essere etichettati dalla parte di questo o quell'altro partito.
E poi un chiarimento, una volta per tutte: il fatto di non aver ancora smontato le strutture, così come consigliato dall'amministrazione comunale, non è una scelta, è un obbligo: «Ci sono posti di lavoro a rischio, e l'intero indotto è in sofferenza - spiega Maurizio Marongiu, titolare del Twist - non ce lo possiamo permettere di smontare i baretti, non abbiamo i soldi per farlo. Abbiamo sentito tutti i capogruppo in Regione, mi sono sembrati vicini a noi. Non siamo contro il Comune, siamo disperati. Anche se sono chiusi i baretti continuano a essere una spesa per noi: le tasse le paghiamo, le concessioni anche, io dentro ho ancora frigoriferi e attrezzatura varia, pago l'energia elettrica».
Alessandro Cogoni è il proprietario della Sella del Diavolo. Secondo lui l'amministrazione dovrebbe tenere in considerazione il decreto regionale di Rassu già com'è ora: «Il Comune ha ricevuto un assist per mettere a tacere tutto. Basta applicare quel decreto e l'amministrazione sarebbe coperta dal punto di vista giudiziario, in attesa dell'approvazione del Pul». Cenzo Franceschi del Corto Maltese si sofferma sulle spese che dovrebbe sostenere per rimuovere e rimontare tutto: «In due mesi partirebbero decine di migliaia di euro. Il tutto considerando che alla fine lavoreremo al massimo tre mesi, da giugno ad agosto. L'anno scorso già a settembre sono iniziati i giorni di maltempo. Il guadagno sarebbe inesistente». Infine l'appello di Luigi Molinari, della Fiba-Confesercenti: «Da rappresentante della categoria, chiedo a tutte le forze politiche di non cavalcare in modo solitario questa situazione». (p.c.c.)