Bruxelles ha riunito in un’unica istruttoria di 53 pagine il contenzioso sul sistema cabotaggio dalla vendita di Tirrenia a Cin alla flotta sarda che perde milioni, alle compagnie regionali
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di Umberto Aime
CAGLIARI. Ecco il dossier sulla guerra dei mari. Due mesi e mezzo fa la notizia era stata annunciata da Bruxelles e pubblicata dai quotidiani: «Le 12 istruttorie sul sistema dei trasporti marittimi in Italia sono state unificate in un’unica indagine». Dopo poco più di cento giorni, a sorpresa, ieri il documento della Commissione europea per la concorrenza ha preso a circolare: è un dossier unico di 53 pagine con tutte le contestazioni al sistema dei trasporti marittimi italiano, e sardo, consegnato a fine dicembre al governo e alla Regione.
Nessuna novità sostanziale rispetto a quello che si sapeva già dal 19 dicembre del 2012, ma ecco concretizzato in un unico carteggio tutto l’impianto accusatorio verso l’Italia e la Sardegna.
E cioè quello che, già dalla fine dell’anno scorso, il presidente Joaquin Almunia indicava: fare chiarezza sul confuso «sistema di cabotaggio» e in particolare: dalla vecchia convenzione fra lo Stato e la Tirrenia ancora pubblica al prezzo di vendita della stessa società, nell’estate del 2012, ai privati della Compagnia italiana di navigazione, dagli oltre 580 milioni garantiti dal governo alla Cin fino al 2020 per la continuità territoriale all’esperimento «Flotta sarda» finanziato subito dopo dalla Regione fino alle successive sponsorizzazioni delle due navi noleggiate dalla Saremar nel 2011 e l’anno scorso, con il dossier che allora come adesso può essere riassunto così: «Abbiamo il sospetto – scrive la Commissione – che in molte di quelle operazioni possano configurarsi illegittimi aiuti di Stato», cioè una « inammissibile distorsione del mercato» su cui «indagheremo con una sola istruttoria preliminare». Dunque, la super indagine si è conclusa a dicembre e da quel momento nulla è cambiato: Bruxelles non ha ancora deciso chi ha violato o meno le leggi europee sulla concorrenza.
La sentenza non dovrebbe essere depositata a breve, ma i riflettori si sono riaccesi.
Flotta sarda. A dicembre la Commissione Almunia contestava alla Regione diversi passaggi di quell’esperimento che, a suo tempo, il governatore Cappellacci definì un «atto di legittima difesa contro l’aggressione degli armatori privati che, con un’operazione di cartello, hanno raddoppiato le tariffe dei traghetti da e per la Sardegna».
Al di là delle motivazioni politiche, i commissari scrivevano che «la Regione aveva affidato il servizio alla Saremar senza una regolare gara d’appalto», che «con la ricapitalizzazione di 10 milioni della Saremar – votata a suo tempo dal maggioranza di centrodestra del Consiglio regionale – siano state coperte in effetti le perdite accumulate dalla stessa società per il servizio sulle tratte Olbia-Civitavecchia e Vado Ligure-Porto Torres e che le stesse perdite ammontino a 9.030.690,75». E ancora che «alla stessa flotta sia stato garantito un contributo extra di 3 milioni attraverso la sponsorizzazione (sia chiamava bonus sardo vacanze) di un’altra società controllata dalla Regione, cioè Sardegna promozione».
Questi e altri passaggi ancora più tecnici, facevano ritenere a dicembre alla Commissione che «la stessa Saremar può aver beneficiato di un vantaggio economico – i finanziamenti pubblici – che avrebbe alterato la libera concorrenza». E infatti, con quello stesso dossier, invitava lo Stato italiano, e dunque la Regione, a «depositare entro 30 giorni, a partire dal 19 dicembre, qualunque documentazione che possa contribuire a valutare gli interventi contestati». Ebbene, la Regione – come confermato dall’assessore ai trasporti Christian Solinas – non solo ha «depositato i documenti richiesti, ma «si è fatta da sola parte diligente, cioè abbiamo trasmesso anche più del dovuto, per dimostrare che l’operazione Flotta sarda è stata portata avanti nel pieno rispetto delle leggi europee». Ora, nei prossimi mesi, si saprà se le prove della Regione sono servite o meno a chiarire le contestazioni e i dubbi sollevati dalla Commissione».
Va aggiunto che di recente il procuratore generale della Corte dei conti ha inserito la Flotta sarda fra i «fenomeni corruttivi» e a quest’accusa la Regione non ha ancora risposto e questo silenzio rischia di pesare sull’intera vicenda della Flotta sarda
Caso Tirrenia. Sempre a dicembre il presidente Almunia scriveva nella comunicazione di avvio dell’istruttoria unificata: «È indispensabile per l’Unione Europea fare chiarezza sui finanziamenti erogati in regime di proroga alla Tirrenia, allora pubblica, fino al 2009», oppure «sul prezzo di vendita della compagnia statale agli armatori privati della Cin (360 milioni a rate senza interessi e vincolati anche al pagamento annuale dei contributi per la continuità territoriale) con l’obiettivo di verificare se lo stesso prezzo è stato o meno congruo all’effettivo valore del marchio Tirrenia e delle sue navi». O ancora, sempre a dicembre, la Commissione sollecitava «documenti e chiarezza da parte dello Stato italiano su come fosse stato calcolato ogni anno il contributo per la continuità territoriale (72,6 milioni) a favore della stessa Cin e, secondo contratto, garantito fino al 2020».
Ebbene, alle varie contestazioni, in questi due mesi e mezzo, sia il governo, col ministro Corrado Passera, che la Compagnia italiana di navigazione hanno risposto con una corposa documentazione. Soprattutto Cin si è fatta parte attiva per scongiurare l’ipotesi che «fosse la nuova Tirrenia, quella privatizzata, a dover restituire all’Europa i contributi incassati fino al 2009 dalla società pubblica». Ipotesi possibile solo nel caso di condanna dell’Italia, ma, come detto, la sentenza non c’è ancora e dunque il discorso è ancora a tutto aperto. O potrebbe essere addirittura già chiuso se chi è ora sotto inchiesta (governo, ex Tirrenia e Cin) ha dimostrato di aver agito nel pieno rispetto delle leggi europee.
Compagnie regionali. Il terzo e ultimo capitolo del dossier di dicembre riguarda la cessione a costo zero delle società satellite ex Tirrenia (Saremar, Toremar e Siremar) alle regioni Sardegna, Toscana e Sicilia: perché fu presa quella decisione, è la domanda che si sono posti i commissari europei. E nel caso della Toremar e della Siremar anche se nelle successive vendita all’asta delle due società (acquistate dalla Moby e dalla Compagnia delle isole) siano «state rispettate le procedure previste dall’Unione Europea sulla trasparenza del mercato». Anche su questo capitolo, i vari indagati hanno presentato le controdeduzioni e sono anche loro in attesa della decisione.