Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

Tombe deposito e villa a pezzi

Fonte: Sardegna Quotidiano
4 marzo 2013

Tuvixeddu

 

La sintesi estrema è che c’è ancora tanto da fare, al di là dei risvolti giudiziari, tecnici e politici. Tombe utilizzate come discarica e con tubi che le perforano, percorsi in legno semidistrutti dal tempo, calcestruzzo gettato in punti non proprio consoni, rifiuti e scarti di lavorazione industriale anche nella zona dell’acquedotto romano: questa è la fotografia di Tuvixeddu, nella porzione di proprietà del Comune. Quanto descritto non è aperto al pubblico: metri di recinzione metallica non permettono – e forse non permetterranno mai - di avvicinarsi alle tombe e all’area che finisce in viale sant ’Avendrace. Non va meglio nemmeno lontano dall’area “artistica”del - la necropoli, dove il controllo è del privato, che risponde al nome di Compresa.

INGRESSI “NON BLINDATI” La Torre della calce è solo il primo tra i ruderi che si vedono entrando dal versante di via Is Maglias. Sempre più pericolante anche villa Mulas e quello conosciuto come “magazzino” su - bito dietro la villa, dando le spalle al canyon di Tuvumannu. Non solo: le “visite ” di estranei a questa zona del colle restano frequenti. Sono numerosi i varchi da dove si può accedere indisturbati, tra le sterpaglie e la vegetazione in cima ai vicoli di viale sant ’Avendrace. Insomma: molto degrado nei 120 ettari totali sotto vincolo paesaggistico, col sigillo messo nel 2012 dal Consiglio di Stato. L’unica entrata del Comune nella necropoli fenicio-punica è quella di via Falzarego. Pochi metri, il tempo di iniziare a camminare sopra quella che era una strada sterrata - e che da qualche mese è in calcestruzzo - e iniziano le sorprese.

L’INIZIO DEL TOUR Sulla destra c’è una tomba, sopra un tubo è stato fissato con una mini colata di cemento. Altri sepolcri a destra, stavolta il tubo passa in mezzo, bucandoli. Prima era a vista, poi qualcuno – incaricato dal Comune – ha ricoperto tutto con terra e ghiaia. Nell ’unica lingua di terra dove si può passare, si arriva vicino a altre tombe a pozzo: per vederle bisogna scavalcare il recinto metallico. Più di una è stata utilizzata come discarica: reti per materassi, secchi di plastica e rifiuti vari abbandonati nel sottosuolo “storico”. Alcuni problemi di Tuvixeddu sono datati: nel 1998 il Comune stila un progetto del parco archeologico (sei ettari, “Itinerari nella Necropoli di Tuvixeddu”). I progettisti sono Marco Cadinu e Paolo Sanjust ( quest ’ultimo anche direttore dei lavori e responsabile sicurezza). Viene costruito un percorso in legno con ringhiera, che costeggia anche la Tomba del Guerriero – nota come Tomba di Sid -. Le travi del percorso sono marce e piene di buchi, appare difficile riuscire a far entrare qualcuno nel percorso di superficie – una costruzione con pali fissati con blocchi di marmo – per ammirare dall’a lto il sepolcro. E quello che in passato era un acquedotto romano, è ancora un “deposito non autorizzato” di blocchi di cemento. Sullo sfondo della parte di colle in mano al Comune, dentro il capannone dell’allora Italcementi – subito fuori dal parco – v ive un ragazzo con il suo cane. In quei metri quadri l’idea era di creare il museo del Parco, un progetto arenato, anche questo.

LA VILLA ABBANDONATA La parte “privata” del colle non se la passa meglio. Villa Mulas è un rudere, annerita dall’incendio del 2007 appiccato da abusivi che abitavano tra i due piani della villa con facciata liberty. Dentro, macerie mischiate a libri contabili di mezzo secolo fa. Addirittura cambiali che resistono a pioggia e vento: una è datata dieci giugno 1963: “Spettabili fornaci Tuvixeddu, 694mila lire” si legge perfettamente, con attaccate due marche da bollo da 2mila lire. LA STRADA INTERROTTA Tra il “privato” e il “pubblico” ci sono anche gli uffici del Parco: anche questi del Comune, per ora sono sbarrati. Tra terreni sterrati e vegetazione, c’è anche il precipizio sul canyon di Tuvumannu. Il sogno di una strada che unisce via Castelli con viale Trento naufraga il 15 gennaio: il Tar boccia il ricorso di Coimpresa contro Regione, Comune e Soprintendenza Beni Archeologici che avevano detto “no” al progetto. Paolo Rapeanu