Cagliari, l’ex sovrintendente archeologico accusato di falso e abuso d’ufficio: avrebbe spostato i confini dei vincoli
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di Mauro Lissia
CAGLIARI. Il sovrintendente archeologico Vincenzo Santoni li assecondava, spostando in base alle esigenze immobiliari i confini del vincolo destinato a difendere dal cemento l’area storica di Tuvixeddu. Poi i lavori sull’area sepolcrale, stravolti rispetto al progetto originario, le tombe attraversate e in parte coperte da muraglie e piramidi di cemento e pietre. Convinto che attorno alla necropoli punica più importante del mondo si sia giocata una partita truccata, il pm Daniele Caria ha chiesto al tribunale la condanna a due anni di reclusione per l’ex sovrintendente archeologico Vincenzo Santoni accusato di falso e abuso d’ufficio, un anno e mezzo per l’ex archeologa ministeriale Donatella Salvi imputata di falso e per l’ex dirigente dell’edilizia privata comunale Paolo Zoccheddu, che risponde di danneggiamento come l’ingegnere del servizio pianificazione del territorio Giancarlo Manis, per il quale la richiesta è di un anno. Per il pm devono uscire assolti dal processo il costruttore Raimondo Cocco, che ha beneficiato anche della prescrizione per una delle accuse, e il direttore dei lavori Fabio Angius per non aver commesso il fatto. Tre i filoni d’inchiesta che si sono intrecciati sul colle dei Punici, il pm Caria li ha trattati separatamente nelle tre ore e mezzo di una requisitoria magistrale, servendosi di mappe e immagini proiettate su uno schermo sistemato davanti al tribunale, presieduto da Mauro Grandesso.
Il palazzo Cocco. Secondo l’accusa il sovrintendente Santoni ha modificato il vincolo sull’area ai piedi di Tuvixeddu, in viale Sant’Avendrace, la sola rimasta salva dall’edificazione, per garantire all’impresa Cocco la costruzione di un palazzo di cinque piani a due passi dalla tomba punica della Spiga e dei Pesci: «Su quella superficie, ceduta dal Comune al privato, c’era un vincolo diretto fin dal 1991 - ha sostenuto il pm - e Santoni l’ha trasformato in indiretto». La conseguenza è stata l’apertura del cantiere, una tomba distrutta e un’altra murata: «Come se la priorità - ha detto Caria - fossero gli interessi del privato rispetto alla conservazione del bene culturale». Sarà l’amministrazione regionale guidata da Renato Soru a sanare il disastro in corso, offrendo al costruttore un’area alternativa dove mettere in piedi il palazzo. Il rustico sotto il colle verrà demolito dal proprietario nel 2008 e la «porta» su Tuvixeddu ritornerà alle condizioni dell’origine.
I gabbioni. L’amministrazione comunale condotta da Emilio Floris voleva circoscrivere l’area archeologica di Tuvixeddu per trasformarla in un parco pubblico, ma per l’accusa il progetto esecutivo «è stato stravolto». Al posto di strutture leggere, in legno e vegetali, per una scelta che l’accusa attribuisce al dirigente Paolo Zoccheddu e al tecnico Giancarlo Manis il Comune ha costruito 398 metri di enormi gabbioni-fioriera, che sarebbero stati 894 se i forestali del commissario Fabrizio Madeddu non fossero intervenuti e la Procura non avesse messo il cantiere sotto sequestro. «La gran parte delle opere - ha spiegato il pm - non era presente nel progetto e questi gabbioni impressionanti, inamovibili, non seguono il perimetro dell’area archeologica, ma sono stati sistemati a casaccio. Ne risulta anche uno extra, che nel progetto non esisteva. Così come le piramidi: non erano previste. Non c’è alcun legame tra queste strutture e la futura fruizione del parco, anche in questo caso le ragioni dell’edilizia prevalgono su quelle del bene culturale». E Santoni? «In questo caso non c’è prova che sapesse, è stata la Salvi - ha affermato il magistrato - a consentire l’esecuzione di lavori difformi dal progetto approvato».
La commissione. Quando la giunta Soru nomina una commissione per il paesaggio e annuncia il vincolo per notevole interesse pubblico per fermare il piano immobiliare di Nuova Iniziative Coimpresa del gruppo Cualbu, il sovrintendente Santoni viene chiamato a farne parte ed è il solo a opporsi all’imposizione dei nuovi livelli di tutela della necropoli. Santoni - ha spiegato Caria - nega che dal 2000, quand’erano stati firmati gli accordi di programma per il piano Coimpresa, si fossero registrati nuovi ritrovamenti di tombe fuori dai confini del vincolo: «Invece sono stati più di mille – ha sostenuto il pm - sia nel vincolo diretto che all’esterno». Santoni non lo sapeva? «Lo sapeva e lo sapeva bene anche la Salvi» ha detto Caria, mostrando sullo schermo immagini e testi di uno studio elaborato dalla sovrintendenza tra il 2003 e il 2006 insieme agli studenti del liceo Siotto: compare la Salvi che mostra ai ragazzi tombe puniche «scavate nel 2004 – ha insistito Caria - ampiamente censite, con tanto di corredi funebri, in un’area priva di vincolo». Quindi le «nuove» tombe c’erano e dichiararlo era fondamentale per giustificare il nuovo vincolo che la giunta Soru voleva imporre, una tutela rigorosa e vasta della quale ad aprile del 2011 il Consiglio di Stato ha confermato definitivamente la legittimità. Ma perché Santoni era così «omertoso e ostile» all’imposizione del nuovo vincolo, lui che faceva il sovrintendente archeologico? «Perché la figlia ingegnere aveva firmato un progetto per tre palazzi per conto di Coimpresa – ha spiegato il pm - e per quello Santoni doveva obbligatoriamente astenersi dai lavori della commissione, ma non l’ha fatto». Qui, per il pm, starebbe l’abuso d’ufficio. Il 13 marzo parleranno i difensori, poi la sentenza.