DAL SANT’ELIA A QUARTU
Sui parcheggi del Sant’Elia, ieri come tutti i giorni, i gabbiani volteggiavano e si avventavano sugli scarti di carne che qualcuno butta quotidianamente. Parte da qui, dallo stadio rimesso a nuovo (ma già vecchio) per Italia ‘90, la travagliata storia della casa del Cagliari. Con i primi calcinacci che cadono. Nel 2002 la soluzione, che doveva essere temporanea: la società costruisce gli spalti Innocenti, Distinti e Curve vengono intubati e il pubblico, salvo iniziali preoccupazioni per le eccessive oscillazioni, assiste alle partite a ridosso del campo.
La struttura in muratura inizia il suo lento declino. Nel 2003 Comune di Cagliari e Massimo Cellino firmano la convenzione per la gestione dell’im - pianto. Ci sono gli abbonamenti per i consiglieri comunali e le autorità (centinaia di privilegiati), il canone per l’utilizzo (50mila euro l’anno) e la spartizione delle competenze per le manutenzioni. In capo al Municipio quelle straordinarie e a carico di viale La Playa le ordinarie. Ma i lavori, quelli che dovrebbero evitare la decadenza, non vengono mai eseguiti. L’esem - pio? Il tabellone tra curva sud e distinti, ha inizato a perdere l’illuminazio - ne, per arrivare miseramente a spegnersi negli ultimi campionati. Se ne doveva occupare il Cagliari, come di tanti altri interventi. Il sindaco di allora è Emilio Floris («un incapace», dice Cellino al telefono con un collaboratore). Il primo cittadino, nel suo secondo mandato, alla fine del 2009, si trova davanti il presidente più di una volta: Cellino vuole fare lo stadio nuovo, a Sant’Elia. E pretende una soluzione dal sindaco. Che mette a lavorare i suoi uffici, con l’aiuto dell’allora assessore al Personale Giuseppe Farris («Politico pinocchio », lo definirà poi il numero uno di viale La Playa). Le prime risposte arrivano all’inizio dell’anno successivo: a gennaio partono i contatti con altri enti coinvolti (come l’Agenzia del territorio) per bandire la gara internazionale finalizzata alla cessione del diritto di superficie dell’area dello stadio. Una bando con un solo interessato, ovviamente: il Cagliari calcio, che si sarebbe dovuto accollare i costi dell’intervento in cambio della “proprie - tà”della struttura per venti o trent’an - ni. Ma prima che si trovi l’accordo Cellino cambia idea. Accusa il sindaco di non tenere alla squadra della sua città e percorre qualche chilometro della Statale 130. Destinazione municipio di Elmas. Qui il collega masese di Floris, Valter Piscedda, lo accoglie a braccia aperte. Cellino ha già messo in piedi l’operazione per l’acquisto (attraverso la società controllata Sgs) dei terreni di Santa Caterina, affianco all’aeroporto.
La richiesta di autorizzazioni è fulminea e su molti fronti. Il presidente rossoblù vuole lo stadio a tutti i costi e in fretta. Questo dice. Le carte arrivano al Comune di Elmas, alla Regione, alla Provincia. Tutti i tecnici iniziano a concedere i loro via libera. In ballo, si scopre poi, non c’è solo un impianto da 23200 posti. Ma anche un albergo, strutture commerciali, per il relax e il benessere. Un investimento immobiliare in grande stile. Che non tiene conto, o non vuole farlo (almeno all’inizio) degli aerei. Su Santa Caterina ha messo gli occhi anche la Sogaer, anche prima dei vertici rossoblù. Lì la società di gestione dello scalo vuole realizzare il parcheggio per gli aerei privati. L’acquisto di Cellino (da 6 milioni, non ancora versati) arriva prima che il presidente Vincenzo Mareddu formalizzi il preliminare di acquisto con i precedenti proprietari. In campo allora entra l’Enac, col presidente Vito Riggio: «Lì lo stadio non si farà mai per ragioni di sicurezza dei voli», dichiara all’inizio dell’estate del 2011. Il 20 ottobre la batosta decisiva: l’ente per l’aviazione civile delibera le nuove regole per le costruzioni intorno agli aeroporti. L’impianto sognato da Cellino non le rispetta. Il sogno finisce e diventa incubo: il presidente viene indagato per tentata estorsione, Piscedda per abuso d’uffi - cio. L’affare Santa Caterina, secondo il pm Emanuele Secci, serve solo per far salire i prezzi dei terreni e incassare dalla Sogaer, che ne ha bisogno. Il presidente non si scoraggia. E torna alla carica a Cagliari. Col successore di Floris, Massimo Zedda. Gli incontri a Palazzo Bacaredda sono cordiali. Ma solo i primi: il patron del Cagliari vuole lo stadio, Zedda lo frena. Mica si può demolire così, alla leggera, un immobile come il Sant’Elia che a bilancio vale oltre 50 milioni di euro. Il dialogo tra i due muore in fretta. «È un bambino», dirà Cellino del sindaco, dopo che si è visto sbattere la porta in faccia. Inizia la resa dei conti. La prima somma tirata ammonta a 2 milioni e 600mila euro: sono le quote di diritti Sky pignorate in Lega dal Comune per soldi dovuti dalla società in anni in cui Cellino non era nemmeno presidente. Il clima tra i due è di tempesta, spunta l’ipotesi Quartu, il Sant’Elia viene abbandonato per Trieste. E la convenzione con la società stracciata. A questo punto la storia si fa sempre più recente. E fnisce, per ora, a Buoncammino. E. Fi.