Santa Gilla
L’Eni promette un intervento immediato, ma la bonifica dell’ex deposito Agip di via Santa Gilla doveva essere effettuata già nel 1999. Il dato emerge dalla relazione degli uffici dell’assessorato provinciale all’Am - biente, che nei giorni scorsi hanno ricostruito la storia dell’area di 40mila metri quadri di Sant’Avendrace per decenni usata dalla multinazionale per lo stoccaggio di carburanti. Un utilizzo che ha lasciato in eredità un terreno gonfio di idrocarburi. Un campione di terreno, utilizzato per effettuare delle analisi prima di un intervento di dismissione di alcuni impianti, lo scorso novembre è risultato carico di elementi ecotossici. Una classificazione dei rifiuti, H14, che significa: altamente pericoloso per l’ambiente. Un verdetto allarmante, che ha convinto l’assessore Ignazio Tolu della necessità di ricostruire i passaggi della vicenda. Emerge così la storia di uno spazio all’interno della città che, usato dal privato, non è mai stato ripulito. Con risultati preoccupanti.
L’ALLARME DEL 1999 Nel febbraio del 1999, si legge nel documento interno della Provincia, «viene inviato agli enti il primo documento in cui si rappresentava la necessità di intervenire sul sito Ex deposito Santa Gilla». A ottobre ello stesso anno, il 6, il Comune convoca la prima conferenza di servizi per affrontare l’emergenza. A gennaio dell’anno successivo viene approvato il piano di caratterizzazione dell’area, che dovrebbe servire per capire come intervenire per la bonifica. Nel marzo del 2000 all’Agip viene chieste un’integrazione del piano, che arriva novembre dello stesso anno. Nel febbraio dell’anno successivo il Comune approva la “Relazione tecnica descrittiva delle attività di investigazione iniziale e fattibilità della bonifica redatto dalla Ecotherm Spa”. Si arriva a settembre 2001, quando la Giunta provinciale dice sì piano definitivo di bonifica, che richiede ulteriori integrazioni: riceveranno il via libera dalla giunta solo nel 2004.
TEMPI LUNGHI E RINVII Via ai lavori? No, perché nel frattempo cambia la legge che regola il settore. E passano gli anni, prima che nel 2006, a dicembre, venga presentata una rimodulazione dell’inter vento, con la presentazione delle analisi di rischio. E via a una nuova conferenza di servizi convocata dal Comune nel febbraio del 2007: l’analisi di rischio viene respinta. Silenzio fino al 2009, quando la Provincia chiama il Comune per chiedere che fine abbiano fatto le nuove analisi che si sarebbero dovute effettuare. Risultato: una nuova riunione tra enti, a luglio. C’è il sì alle analisi di rischio. Ma è solo nel novembre di tre anni dopo che la Provincia comunica all’Eni: «Sarebbe opportuno una verifica delle matrici ambientali (terreno e acque)considerato quanto osservato durante il sopralluogo e le risultanze dell'analisi di rischio». I risultati fanno paura. L'Eni risponde alla nota della Provincia di Cagliari che «i piezometri utilizzati in passato per il monitoraggio della falda, attualmente sono inutilizzabili in quanto danneggiati dalle attività di dismissione, pertanto si propone la realizzazione di tre nuovi piezometri». Qualcosa si muove. Anche il terreno, che viene smosso per prelevare gli impianti che monitoravano la falda d’acqua collegata alla laguna di Santa Gilla. Affiorano decine di migliaia di litri di irdocarburi, che vengono aspirati e stoccati con urgenza in una cisterna. Ma la bomba è esplosa: nell’aria si diffonde una puzza insopportabile, che allarma i residenti della zona. La loro finestre si affacciano sul terreno dell’Eni, iniziano a chiedersi cosa hanno sotto il naso e si riuniscono in comitato, affidando la loro tutela legale agli avvocati dell’associazione Casa dei diritti. I risultati delle analisi, che rivelano la contaminazione del terreno, vengono resi pubblici e l’Eni, la settimana scorsa, ha assicurato: «Entro qualche giorno presenteremo il piano di caratterizzazione dell’aera e, subito dopo, procederemo con la bonifica». L’assessore provinciale all’Ambiente, Ignazio Tolu, promette vigilanza: «Siamo all’interno della cinta urbana, il privato non può pensare di sporcare e lasciare l’onere della pulizia sulle spalle dei cittadini.L’Eni paghi la bonifica, di mezzo c’è la salute dei cittadini. Ci aspettiamo che anche la Regione batta un colpo». E. F.