Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Giovani, artisti, entusiasti, l'imperfetto futuro è tutto loro

Fonte: L'Unione Sarda
11 novembre 2008

Rassegne. Si è chiusa al Lazzaretto di Cagliari la VI edizione promossa dal Man Ray

Scambi, sinergie, improvvisazioni, tra pittura, danza, musica, teatro, fotografia

Forse, il senso di tutto - se tutto ha un senso - è in quella tela che Alberto Spada rovescia, per dipingerla sul lato nascosto. È in quel gesto di disobbedienza che rompe l'ordine e ne stabilisce un altro. Perché un ordine c'è, c'è stato, in questo Imperfetto Futuro che per tre giorni, ogni giorno di più, ha riempito la grande sala secentesca del Lazzaretto di Sant'Elia, regalando a Cagliari un momento di vitalissima sinergia tra arti visive, danza, musica teatro e fotografia. Un ordine caratterizzato da una scaletta fittissima (35 momenti diversi, un coinvolgimento di 150 artisti) e da un assunto: l'arte non consola. Interroga, inquieta, allarma, esalta, sbilancia, infastidisce, stride, toglie il fiato. Spesso è incomprensibile e pure noiosa. Ma di consolatorio non ha niente. Come la vita, del resto.
E allora ecco che quell'Imperfetto futuro che dà il titolo alla rassegna assume oggi un significato ancora più forte. Ecco che questa manifestazione fatta da giovani (preziosi gli allievi del Dipartimento di storia dell'arte contemporanea di Marisa Frongia che hanno garantito l'accoglienza) sottolinea quest'anno più che mai - attraverso i suoi vari linguaggi artistici - l'inquietudine della precarietà, e insieme la voglia di costruirlo, questo imperfettissimo futuro. L'hanno fatto tutti, gli artisti che hanno partecipato gratuitamente, servendosi dei loro linguaggi e di un passato rappresentato dai “maestri”: e su tutti Wanda Nazzari, fondatrice del centro culturale Man Ray e anima (autogestita) dell'iniziativa, che ha chiamato a inaugurare la manifestazione “con un gesto e con un segno” un artista eclettico come Antonello Dessì. In seguito protagonista, con i suoi 25 alunni del “Foiso Fois” di Cagliari, di una coinvolgente performance: Mercurio Now vedeva schierati, tra le certezze eterne e opposte di Dioniso (Massimiliano Coscia) e di Apollo (Stefano Dessì), la mercurialità impazzita degli adolescenti. Costretti a difendersi dalla vita con una mascherina sulla bocca.
E che dire di Listen! ? Significa Ascolta! ed è stato il clou della terza serata: l'esaltazione degli opposti. Con Elena Ledda vestita di carta, e di bianco, a cantare mirabilmente i suoi goccius, e otto coristi della scuola civica di musica (tra essi il basso Efisio Carbone, autore dei testi della locandina della rassegna), a intonare uno dei canti gregoriani più belli, Jesu, dulcis memoria di Bernardo di Chiaravalle. Mentre le immagini seppiate di una recente manifestazione cagliaritana contro il decreto Gelmini trapassavano gli abiti, e si riflettevano sulle pareti bianche della sala: l'inquietudine del presente (e il suo forte impatto sociale) che irrompe sulla quasi eternità dei canti. A girare il video Stefano Grassi, che al Man Ray dirige la scuola di fotografia - protagonista trasversale della rassegna - a volere il contrasto Wanda Nazzari, che ha chiesto a Marco Nateri di creare i costumi e di curare la regia. Nateri, protagonista anche di una dura, angosciosa performance, che ha per protagoniste due gabbie di ferro da lui create: vi si infilano Roberta Locci e Alessandro Pani, danz-attori, quasi nudi, al termine di un percorso che li ha visti vestiti di bianco (ancora puri?) alle prese con il bisogno (e l'impossibilità) di comunicare. Giocano con cubi di ferro, costruiscono la loro personalissima torre di Babele, parlano lingue incomprensibili e infine fissano la loro incomunicabilità denudandosi e imprigionandosi in una gabbia che diventa la loro vita.
È di comprensione più immediata il disperato, feroce Io sono di Silvia Plath interpretato con grande intensità da Elena Pau, che ha partecipato alla kermesse con altri giovani attori della Fabbrica Illuminata di Marco Parodi. A far da contrappunto alle sue considerazioni sulla vita, e sul dolore, il clarino di Marco Argiolas: prima amico (è la Ninna nanna di Brahms ad accarezzare le nostre orecchie), poi angoscioso come solo la musica sa essere. Davanti ai fornelli, la poetessa americana che morirà suicida prepara una frittata e racconta il suo male di vivere.
Spumeggiante il dialogo-scontro tra Stefano Raccis e Luisa Massidda, giocato su alcune pagine del film di Kenneth Branagh Nel bel mezzo di un gelido inverno .
Affascinante, segnato dalla musica di Arvo Part, Simbiosi , del Trio Alluminium, performance di danza della scuola Tersicorea di Simonetta Pusceddu. Dove le luci di Gianni Melis danzano con Evelina Ambu, Ilaria Gallus e Annalisa Rocca. Ed è ancora danza, con le cinque allieve della scuola di Luigia Frattaroli, che mettono in scena una pagina di Lunamoonda , di Bruno Tognolini, ovvero il mondo salvato dagli Iskillellè. Con loro, il bravissimo Gabriele Vaccargiu. Protagonista anche di alcuni splendidi assolo (l'ultimo, struggente, danzato sul tema di Schindler's List di John Williams).
E ancora: la danza dei deliziosi On Off, che hanno contrappuntato vari interventi, quella di strada dei Devasta Kings, breakers eccezionali, l'inquietante performance del Collettivo Darkness Elite ( Visione I , testi e regia di Giacomo Pisano. E l'omaggio a Depero e al futurismo delle Compagnia del Cocomero, il dialogo estemporaneo tra il violino di Alessio De Vita (fedelissimo del Man Ray) e il pianoforte di Giuseppe Maggiolo Novella. E le improvvisazioni musicali di Riccardo Dessì e Marco Loddo e del gruppo jazz che conclude in bellezza con la balente Stefania Liori. Si chiama Aletheia “verità”, termine che in questo contesto suona come un ossimoro. E ancora, le tele dipinte di Federico Carta, Stefano Melis, Gabriele Pais, Enrico Piras, Simone Pisano, Antonello Sanna, Mattia Secci, Alberto Spada.
Il performer più giovane di tutti è Mattia Dessì, anni 7: spetta a lui il compito di tracciare (dopo Stefano Raccis) il primo segno sulla grande tela della terza giornata. Disegna un rettangolo rosso, come rossa è la lunga striscia che con sempre maggior sicurezza, traccerà, a delimitare lo spazio del coro gregoriano. Chissà che cosa ha colto, di Imperfetto futuro , il piccolo Mattia. Che cosa ha capito delle pagine mirabili del Picta di Marcello Fois, lette da Daniela Spissu e Stefano Raccis, (...“niente è stato fatto per la vista, ma per l'anima”...). O dei versi di Franca Nurchis che chiudono la manifestazione “...tutto si chiude nel silenzio altissimo di un respiro, all'infinito”.... Forse, anche per lui, è più facile cogliere il senso di quella tela rovesciata: gli racconta con un semplice gesto che l'obbedienza non è più una virtù. Tanto meno nell'arte.
MARIA PAOLA MASALA

11/11/2008