La sentenza
di
Redazione Casteddu Online
Martedì 15 Gennaio 2013 | 20:50
Doccia gelata per i costruttori: alt non solo al cemento a Tuvixeddu, ma anche alla strada-canyon attorno al colle e a Tuvumannu. La sentenza è stata pubblicata dal TAR nel pomeriggio di oggi . La notizia è che è stato bocciato il ricorso di Coimpresa che aveva intentato contro Comune, Regione e Mibac. Un ricorso, quello della ditta di Cualbu, che chiedeva di prorogare ls concessione paesaggistica. Una decisione, quella del Tar, che ferma definitivamente le ruspesul colle: al momento a Tuvixeddu non si potrà realizzare più nulla compresa la strada (il canyon). La notizia è stata pubblicata in anteprima su facebook da Francesca Ghirra, consigliere comunale di Sel, che esulta: "Anche il TAR si esprime a favore della salvaguardia di Tuvixeddu: gaudeamus!". Sotto all'articolo trovate il link alla sentenza integrale del Tar, queste però le argomentazioni decisive della parte finale del provvedimento dei giudici del Tar:
"Essendo già stata smentita nella sostanza la maggior parte dei richiamati assunti di parte ricorrente, è ora sufficiente osservare come l’errore di fondo sia, ancora una volta, quello di trascurare le importanti sopravvenienze giuridiche intervenute dopo gli accordi di programma - in primo luogo la “reviviscenza” del vincolo paesaggistico di perimetrazione - che giustificano pienamente la scelta di attendere l’intesa di cui all’art. 49 delle N.T.A. del P.P.R. e spiegano il lamentato “mutamento di indirizzo”.
Al riguardo deve ancora precisarsi che:
- quel vincolo fu per la prima volta impresso nel settembre 2006, con l’approvazione del PPR, per cui tutte le precedenti valutazioni positive sull’attuabilità dell’intervento (sia quelle relative all’autorizzazione paesaggistica del 1999 che quelle contenute negli accordi di programma) furono espresse prima della sua istituzione e non poterono, quindi, tenerne conto;
- successivamente il medesimo vincolo fu annullato dalle sentenza n. 2241/2007 di questa Sezione e ancora dopo “risuscitato” dalla sentenza n. 1366/2011 del Consiglio di Stato, per cui neppure nei quattro anni dal 2007 al 2011 la Soprintendenza avrebbe potuto tenerne conto;
- viceversa quest’ultima, non appena ha avuto occasione di pronunciarsi successivamente (proprio con gli atti impugnati in questa sede), l’ha fatto nei termini che ora la ricorrente contesta, forte della reviviscenza del vincolo determinata dalla suddetta sentenza del Consiglio di Stato, difatti ampiamente citata in motivazione, il che spiega perfettamente i lamentati “mutamenti di indirizzo” ed esclude ogni possibile contraddittorietà.
Del resto già si è osservato, soprattutto in relazione al secondo motivo, che la scadenza del termine quinquennale di efficacia dell’autorizzazione paesaggistica consente alla Soprintendenza di valutare nuovamente, ed allo stato attuale, la compatibilità degli interventi proposti con le esigenze di tutela del paesaggio, tutto ciò nell’ambito della più generale prospettiva secondo cui il potere-dovere di controllo e autorizzazione paesaggistica (seppur nei limiti della logicità e dell’onere di adeguata motivazione) è sostanzialmente immanente e consente all’amministrazione - pur in presenza di atti che in precedenza hanno radicato interessi privati all’utilizzazione del territorio - l’adozione dei nuovi e diversi provvedimenti che risultino necessari alla piena tutela dei beni affidati alle sue cure (in questi stessi termini cfr. T.A.R. Sardegna, Sez. II, 29 febbraio 2012, n. 256; Consiglio Stato, Sez. VI, 8 febbraio 2000, n. 677).
Ciò esattamente ha fatto la Soprintendenza, la quale - dimostrando così una particolare “diligenza motivazionale” - non si è limitata (come pure avrebbe potuto) a rilevare il sopravvenuto e ineludibile contrasto fra l’intervento programmato e le misure di salvaguardia del P.P.R., bensì ha fondato il proprio parere negativo anche su autonome considerazioni in ordine all’incompatibilità paesaggistica dell’intervento proposto (cfr. il paragrafo 1 sul contenuto degli atti procedimentali), ulteriormente illustrate dal Direttore del Servizio regionale in sede di esame delle osservazioni endoprocedimentali di Coimpresa.
Infine, come già si è osservato anche nella più volte richiamata sentenza di questa Sezione n. 421/2012, lo strumento più idoneo per risolvere l’obiettivo contrasto tra aspettative privatistiche e persistente interesse pubblico alla tutela dei beni paesaggistici coinvolti appare proprio quello dell’intesa ex art. 11 delle NTA del P.P.R. fra tutte le amministrazioni interessate alla tutela ed alla gestione dell’area di Tuvixeddu - Tuvumannu (cui ovviamente anche la ricorrente dovrà essere chiamata a contribuire), che assume pertanto una funzione (non già meramente formale, bensì) sostanziale, in quanto strumento idoneo all’individuazione di soluzioni in grado di conciliare le contrapposte esigenze.
Pertanto le censure in esame non meritano di essere condivise.
VI. Le censure di illegittimità derivata (quarta, sesta, decima e dodicesima censura).
Infine con la quarta, la sesta, la decima e la dodicesima censura si deduce l’illegittimità in via derivata del provvedimento regionale di diniego e del parere negativo della Soprintendenza, in ragione dei vizi che inficerebbero i presupposti atti endoprocedimentali.
Tali doglianze non meritano accoglimento per le ragioni già esposte in relazione agli altri motivi di ricorso, cui si fa integrale riferimento.
Per quanto premesso il ricorso è infondato e deve essere, quindi, respinto.
Sussistono comunque giusti motivi per una integrale compensazione delle spese di giudizio, considerata la particolare complessità della vicenda, sotto il profilo giuridico e fattuale.