Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Comunale, il pianista Enrico Pace conquista con il suo virtuosismo

Fonte: La Nuova Sardegna
7 novembre 2008

VENERDÌ, 07 NOVEMBRE 2008

Pagina 36 - Cultura e Spettacoli






GABRIELE BALLOI

CAGLIARI. Il caso ha voluto che proprio a settembre Franco Scala, suo rinomato maestro, tenesse a Cagliari delle master class. E sempre il caso ha voluto che, per un’improvvisa indisponibilità di Lars Vogt, sia stato invitato dal Lirico a sostituirlo nel terzo appuntamento con la Stagione concertistica. Stiamo parlando di Enrico Pace, un virtuoso del pianoforte che sul finire degli anni ottanta ha iniziato ad affermarsi sulla scena internazionale, alternando il repertorio solistico alla collaborazione con grandi orchestre e all’interesse per la musica da camera. Martedì quindi, un’intero programma all’insegna del pianoforte, con le «Novelletten» op.21 di Robert Schumann, la «Fantasia in fa diesis minore» op.28 (Sonate écossaise) di Felix Mendelssohn, i «Klavierstücke» op.18 di Johannes Brahms e la «Légende n.2: Saint François de Paule marchant sur le flots» di Franz Liszt. Quattro pagine impegnative, sia sul piano interpretativo che su quello tecnico. Tutte risalenti al cuore del Romanticismo tedesco. Una corrente musicale che sembra essere appieno nelle sue corde. Partendo dalla raccolta schumanniana delle otto Novellette, una corposa antologia che Pace esegue per intero. Sono ben 45 minuti d’esecuzione, nei quali si succedono brani estremamente diversificati. Con un suo tocco garbato ed elegante, Pace riesce però a legarli in un’armonia sottile, coerente, pur conservandone il carattere specifico e dando quasi l’impressione che, per quanto dissimili, abbiano in fondo un comun denominatore emotivo. Così il fraseggio tormentato e le intricate fantasie di Schumann sembrano davvero trovare “pace”. Ma non è un gratuito gioco di parole. Il pianista romagnolo compie qualcosa di molto analogo anche con l’op.18 di Brahms. È magistrale la maniera con cui dà a ciascuno dei «Klavierstücke» una propria identità, e l’intera silloge brahmsiana appare nelle sue mani come un unico, vasto discorso musicale. Più ricca di sfumature coloristiche l’interpretazione di Mendelssohn, dove Pace privilegia al contrario un certo gusto per la ricerca timbrica, sfruttando un ventaglio di sonorità incredibilmente ampio. Un gioco di iridescenze che è capace di ricreare anche in Liszt. Qui, però, a far da padrone è il virtuosismo pirotecnico, sia quello della scrittura trascendentale lisztiana quanto quello di Pace, che lascia senza fiato per il solido controllo della tastiera.