Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Giusto demolire i casotti»

Fonte: L'Unione Sarda
26 novembre 2012


POETTO. Parla Pietro Gadeddu, l'alto ufficiale che nel 1986 ordinò l'abbattimento

L'amianto? L'arenile fu bonificato e si fecero i controlli

di Carlo Figari
Una vignetta disegnata da Franco Putzolu raffigura un enorme gorilla vestito da marinaio che calpesta e strappa con le manone i vecchi casotti del Poetto. Un King Kong dal sorriso sardonico demolisce le caratteristiche palafitte di legno colorato. Meglio di una fotografia, la matita satirica dell'indimenticato vignettista esprime sulla pagina dell'Unione Sarda le emozioni di quei giorni. A fianco il titolone: «Una spiaggia terremotata. Dopo la demolizione di 14 casotti la sorte del Poetto affidata ai giudici del Tar». Era martedì 11 marzo del 1986. Pochi giorni prima, il 6, le ruspe erano apparse sulla spiaggia dei Centomila e avevano cominciato l'opera che in tre mesi avrebbe portato alla completa eliminazione dei casotti. Ne furono salvati solo una decina, di diversa tipologia e colore: una volta smontati furono abbandonati in un lato dell'ippodromo. L'idea era di sistemarli da qualche parte come testimonianza di un'epoca. Non si fece niente. Sparirono anche quei resti, finiti forse in falò.
Furono mesi drammatici per la città in un clima di polemiche infuocate, attacchi incrociati tra le istituzioni, la giunta comunale in bilico con le dimissioni annunciate e poi ritirate dell'assessore Luciano Fozzi per i capannoni a Marina Piccola, i cagliaritani spaccati tra i fautori delle demolizioni e i difensori dei casotti. Tra questi, ovviamente, i proprietari e gruppi di ambientalisti. Il King Kong di Putzolu voleva rappresentare uno dei protagonisti delle battaglie di quei giorni, un marinaio appunto. Il comandante della Capitaneria di porto, nonché direttore del Compartimento della Sardegna e allora anche del Demanio marittimo: il capitano di vascello Pietro Gadeddu, originario di Olmedo, una carriera in ascesa conclusa a Genova dopo la bufera del Poetto.
Ammiraglio in pensione, 78 anni ben portati, oggi vive ad Alghero e continua, come esperto, ad occuparsi di problemi della navigazione e della salvaguardia ambientale dei mari sardi. «Bisogna sempre vigilare, mai abbassare la guardia», avvisa Gadeddu. Da lontano ha seguito sui giornali gli eventi dell'inquinamento del Poetto per l'amianto. Allarme rientrato ora anche sul tratto quartese. Ma l'estate scorsa, tra amianto e baretti, non è stata rosea per i bagnanti cagliaritani.
Sorpreso per la scoperta di amianto nella spiaggia?
«Non più di tanto. Sino alla legge del 1992 i rischi dell'amianto come contaminatore ambientale non venivano presi in considerazione. Poiché i casotti furono demoliti nel febbraio-aprile 1986, quando l'amianto non era stato ancora messo al bando, non si può escludere che piccoli frantumi residuati dalle coperture, dalle tubazioni degli scarichi fognari, dai sanitari ridotti in pezzi, dai paletti posti a base dei casotti, siano rimasti mescolati nella sabbia accumulatasi a ridosso degli stretti filari dei casotti stessi».
Quindi è possibile?
«Non ci sono certezze perché le operazioni di bonifica si conclusero entro il mese di maggio quando la competente autorità sanitaria poté constatare lo "stato di salubrità" dell'arenile prima dell'inizio della stagione balneare. Di sicuro si poteva così escludere la presenza di grossi spezzoni di amianto derivanti dalla demolizione dei casotti».
In realtà i casotti furono demoliti per altre ragioni. Quali?
«Il problema riguardava l'allarme sanitario per la presenza di colibatteri nella spiaggia e soprattutto le condizioni ambientali del litorale. Il Comune concessionario dell'arenile non riusciva a far rispettare la norma che obbligava i subconcessionari, cioè i proprietari, a smontare i casotti e a ripulire l'area ad ogni fine stagione. Era una situazione igienica non più sostenibile. Quale capo del Demanio ordinai di procedere alle demolizioni. E non me ne pento».
Si scatenò la guerra: tutti contro tutti. Cosa ricorda?
«Arrivato a Cagliari da pochi mesi trovai una situazione politico sociale molto difficile dove i pro e i contro erano determinati dall'interesse privato che, in molti casi, trascendeva trasversalmente l'interesse dei partiti. Questo quadro emergeva dalla cronaca quotidiana del vostro giornale».
È vero: in quei giorni si registrava lo scontro tra il sindaco Paolo De Magistris e l'allora ministro della Marina mercantile Ariuccio Carta, entrambi democristiani. Tra il presidente della Regione, il sardista Mario Melis, contrario alle demolizioni, e il suo assessore all'Ambiente il comunista Luigi Cogodi, noto per la ruspa facile.
«Ed io in mezzo a far rispettare la legge come responsabile del Demanio, che solo l'anno successivo passerà dallo Stato alla Regione».
Si sentì offeso dalla vignetta di King Kong?
«No, fece ridere anche me. In realtà Putzolu seppe esprimere efficacemente lo stato d'animo di allora. Furono proprio i casottisti a spingere il Comune a far ricorso al Tar contro la mia decisione che prevedeva il rinnovo della concessione previo l'abbattimento dei casotti e la bonifica dell'arenile in tempi brevissimi. Ma io non mi comportai come King Kong. Al contrario. In tale difficile situazione non scelsi alcuna parte tenendo costantemente il timone dell'Autorità marittima in rotta diretta alla soluzione dei problemi secondo la legge. Per questo, in seguito, mi venne conferito un encomio dal Comando della Marina. Ne vado orgoglioso».
All'epoca però fu attaccato e criticato dai cittadini, dai politici e anche dal giornale.
«Non direi. Per quanto mi riguarda fu una scelta popolare e doverosa per legge, apprezzata da gran parte dei cagliaritani seppure contestata dal Comune e, ovviamente, dai singoli subconcessionari dei casotti».
Il sindaco De Magistris fu tra più decisi oppositori: perché?
«Per rispetto ai protagonisti scomparsi, evito di esprimere giudizi di responsabilità limitandomi a ricordare i dati di fatto. Dico solo che De Magistris difendeva, per quanto possibile, l'interesse legittimo del Comune per ottenere il rinnovo della concessione demaniale, già scaduta negli anni antecedenti alla sua carica, in una condizione di grave irregolarità da parte dei casottisti».
Dopo i casotti toccò alle villette di Marina Piccola.
«Erano costruzioni abusive, privilegio di pochi. L'abbattimento fu il primo passo per realizzare la passeggiata e sistemare il porto turistico».