Rassegna Stampa

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Servitù militari a Cagliari, 260 mila metri quadri di filo spinato

Fonte: web cagliaripad.it
26 novembre 2012

L'ex maresciallo Paolo Erasmo e il consigliere comunale dei Riformatori Alessio Mereu puntano il dito contro la Regione: "Se si fosse impegnata ad assemblare le basi in un unico edificio ne avrebbero tratto benefici sia le Forze Armate che la città"
Autore: Michela Seu,
m.seu@cagliaripad.it

 

I più indignati le definiscono “servitù militari”, gli altri, in maniera più asettica, “aree militarizzate”. In qualsiasi modo si vogliano chiamare, a Cagliari gli spazi in mano al Ministero della Difesa sono tanti, forse troppi: 58 edifici in tutto, che complessivamente coprono una superficie di 260 mila metri quadri.

Alcuni di questi assolvono appieno la propria funzione di caserma, deposito e simili. Altri no. Sono le cosiddette aree dismesse o, nel migliore dei casi, sottoutilizzate.

L’esempio più eclatante è quello di Monte Urpinu, dove ci sono addirittura quattro edifici “ex” militari: ex deposito della Marina, dismesso da una trentina d’anni, ex deposito carburanti dell’ex Cral, abbandonato da oltre 35 anni e frequentato, attualmente, da abusivi, ex casa del Comandante ed ex deposito dell’Aeronautica. In particolare quest’ultimo, dismesso nel 2007 e passato dallo Stato alla Regione l’anno successivo, sarebbe destinato a ospitare il Corpo Forestale: nel frattempo, tuttavia, si continuano a spendere 240 mila euro l’anno per servizi di guardiania.

A denunciarlo è Paolo Erasmo, ex militare in pensione, che con l'associazione Musa (Monte Urpinu Salvaguardia Ambientale, la cui presidente è Luisella Caria) si impegna da anni per valorizzare il colle cagliaritano. Lo ha fatto anche ad aprile scorso, in occasione di un dibattito di Sinistra Ecologia Libertà proponendo, assieme ad Anna Rosa Zedda e tanti altri, alcune prospettive di riutilizzo dei siti militari: centri polifunzionali, orti urbani, banca delle sementi, aree sport e giochi per bambini, fattorie didattiche per le scuole. “Attività che non solo farebbero rivivere le strutture dismesse – racconta Erasmo – ma che porterebbero anche economia e occupazione”. “E’ necessario che enti pubblici e privati, ma anche i singoli cittadini, vengano a conoscenza di questa realtà cagliaritana e abbiano interesse a progettare alternative a quella esistente ora – prosegue l’ex militare – magari attraverso visite guidate in cui possano cogliere le potenzialità degli spazi dismessi”.

Quali sono nello specifico? L’ex carcere militare di San Bartolomeo e l’ex poligono di tiro, entrambi a Calamosca, l’ex tettoia ricovero per quadrupedi e l’ex batteria Dicat a Sant’Elia, l’ex deposito carburanti e l’ex centro sanitario dell’Aeronautica Militare, rispettivamente a Sant’Elia e in viale Merello e i magazzini dell’Aeronuatica di via Simeto, tornati alla ribalta lo scorso anno quando accolsero 700 tunisini.

Altri edifici sono definiti “dismissibili”, e la ragione sta nel fatto che un accordo di programma, firmato il 7 marzo 2008 dai consiglieri comunali dei Riformatori Gennaro Fuoco e Alessio Mereu, non ha trovato soluzione.

Se la Regione si fosse impegnata a costruire un grande edificio in cui assemblare le realtà militari diffuse a Cagliari – per una spesa che si sarebbe aggirata intorno ai 60 mila euro – avrebbe potuto acquisire sette suggestive aree: l’ex ospedale militare Amerigo De Murtas, in via Azuni, l’ex magazzino-vestiario in via Liguria, l’ex caserma Giodda e Martinazzo in via Nuoro, l’ex panificio militare in viale Buoncammino, il complesso alloggiativo Belvedere e l’ex caserma Griffa, i magazzini del genio e gli alloggi militari in viale San Vincenzo e, infine, la caserma Ederle a Calamosca.

“Avrebbero tratto benefici sia le Forze Armate, perché si sarebbero concentrate su un’unica area vasta con vantaggi in termini logistici ed economici – precisa Mereu – sia la città di Cagliari, che si sarebbe potuta riappropriare di beni di inestimabile valore artistico, storico ed economico”.

“Per questo chiediamo al sindaco Massimo Zedda – approfitta il consigliere – di impegnarsi a fare una programmazione per ogni immobile”. Diversamente, nonostante l’abolizione della leva obbligatoria abbia ridotto i militari ad appena 180 mila unità contro le 470 del passato, rimane il rischio di perdere i nostri sguardi sul filo spinato che delimita e deturpa aree e strutture della nostra città.

Mentre ai suoi confini continua, incessante, a colare il cemento.