Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Colle di Tuvixeddu, un passo avanti e due indietro

Fonte: La Nuova Sardegna
3 novembre 2008

DOMENICA, 02 NOVEMBRE 2008
Pagina 1 - Cagliari

Nuovo vertice tra Regione, Comune e Coimpresa, ma l’accordo è ancora lontano

L’assessore Mongiu: noi vogliamo trattare. La Coimpresa: proposte troppo vaghe
Il sindaco Floris: «La giunta regionale non ci coinvolge»

ROBERTO PARACCHINI

CAGLIARI. Un passo avanti e due indietro. La vertenza Tuvixeddu di nuovo in alto mare. Venerdì mattina c’è stato un vertice del comitato di sorvegliaza per l’applicazione dell’accordo di programma del 2000: fumanta nera. Per la Regione erano presenti l’assessore alla Cultura Maria Antonietta Mongiu e i funzionari; per il Comune il sindaco Emilio Floris; e per la Coimpresa Gualtiero e Giuseppe Cualbu, titolari della Compresa, la società interessata alla lottizzazione integrata su Tuvixeddu-Tuvumannu.
Il governo dell’isola fa presente che con la nuova legge urbanistica sarà possibile intervenire per rendere inedificabile tutta l’area del colle. Il sindaco Floris riadisce che la Regione vuole fare tutto da sola. E i Cualbu ribattono che loro sono nel diritto e che le proposte che provengono dal palazzo più importante di via Roma nn sono attendibili.
Il presidente Renato Soru in particolare, si è incontrato diverse volte con Gualtiero Cualbu. Ma l’accordo non è mai stato raggiunto. La Coimpresa ritiene («come dimostrato dalle sentenze del Tar e del Consiglio di Stato») di avere maturato dei diritti e che le propposte della Regione non tengano conto dei «danni derivati dal blocco di quasi due anni dell’attività».
Il governo dell’isola, della cosa pubblica quindi, sulla base del moderno concetto di «paesaggio», vuole allargare il vincolo a tutto il colle per impedire che le edificazioni della Coimpresa (che fa capo al gruppo Cualbu) ne compromettano la fisionomia. L’impresa, invece, vanta i diritti derivanti dall’accordo di programma del 2000, firmato anche dalla Regione e dal Comune. Intesa, questa, che prevede un intervento di riqualificazione urbana con al centro una lottizzazione integrata: un parco archeologico naturalistico di ventitre ettari (al cui interno si trova la necropoli punico romana più grande del Mediterraneo) e, in un’altra parte del colle (a lato di via Is Maglias) e su Tuvumannu l’edificazione di circa quattrocento appartamenti. Più strade e servizi.
Il governo dell’isola, sulla base dell’articolo 14 della legge urbanistica, aveva anche emesso a settembre un provvedimento d’urgenza per fermare le opere sul colle per novanta giorni. Ma la Compresa aveva fatto ricorso al Tar, che aveva sospeso la delibera regionale. Da ricordare poi che l’allargamento del vincolo a tutto il colle di Tuvixeddu (varato dalla Regione nel 2007 su indicazioine della commissione al Paesaggio) era stato annullato dal Tar con convalida successiva del Consiglio di Stato: c’era stato l’azzeramento degli atti (compreso quello che aveva costituito la precedente commissione al Paesaggio).
All’accordo di programma del 2000 si era arrivati passando anche tramite un serrato confronto con l’opinione pubblica: cominciato dagli anni Novanta del secolo scorso. Periodo in cui venne presentata la prima ipotesi di intervento della Coimpresa (con una cubatura iniziale doppia dell’attuale).
L’accordo di programma è un istituto che permette, appunto, accordi coi privati nel reciproco interesse. Quello del Comune era: ottenere un parco naturalistico archeologico in un’area da decenni abbandonata, riqualificare la zona con una serie di servizi e ridurre l’onere di un pesante contenzioso perso (di cui la Coimpresa aveva acquisito i diritti) per un vecchio esproprio irregolare. In cambio veniva data, al privato, la possibilità di edificare i quattrocento alloggi residenziali accennati con una modifica del piano regolatore. E la Regione mediò sui finanziamenti per il parco coi vari programmi.
Gli ambientalisti e molti archeologi (guidati dall’accademico dei Lincei Giovanni Lilliu) chiedesero sin dagli anni Novanta l’allargamento del vincolo di inedificabilità a tutto il colle, lamentando la pressione edilizia, che non insiste sulla zona archeologica, ma su un’area che a questa richiama come territorio complessivo. Poi nel 2004 c’è stata l’approvazione del Codice Urbani, la legge nazionale che norma i beni culturali, che tra le altre cose precisa il concetto di bene «paesaggistico» come valore non commercializzabile: una conquista che arricchisce la nozione di «ambiente» anche coi valori storici del vissuto che producono il paesaggio. Un qualcosa che ridà dignità al territorio trasformandolo anche in luogo di memorie e di significati simbolici, che sedimentano pure in aree morfologicamente compromesse (vedasi, ad esempio, le cave di Tuvixeddu).
Dopo le sentenze del Tar, la Regione vuole trattare, ma la Coimpresa ribadisce che si dialoga sulla base di «indennizzi adeguati» e non di «compensazioni su cui non si sa nemmeno quando si potrà costruire». E il sindaco chiede che il Comune, «come previsto dal Codice Urbani», sia maggioremnte coinvolto. Mentre ora la Regione «procede in modo autoritario».