come spendono i soldi pubblici»
Il gup respinge la tesi dell'insindacabilità: sarebbe un'immunità
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Non c'è più nulla da discutere: «Se il consigliere regionale non destina allo scopo per cui sono stati erogati i soldi pubblici che ha ricevuto in ragione del suo ufficio è colpevole di peculato». A questo punto è soltanto un problema di prova: «Se rendiconto e pezze giustificative risultassero dirette a creare una apparenza formale non corrispondente alla realtà della spesa non varrebbero a escludere il reato». Viceversa, «l'accusa potrebbe essere superata da altra prova idonea a dimostrare il rispetto della relazione tra la spesa e finalità pubblicistica sottesa all'erogazione dei contributi ai gruppi consiliari». Sostenere, invece, che le spese dei consiglieri regionali non possono essere oggetto di controllo da parte della magistratura, significherebbe creare «un'area di immunità estesa anche a eventuali illecite appropriazioni di pubblico denaro poste in essere nell'esplicazione della più alta delle pubbliche funzioni, qual è, secondo la scala dei valori costituzionali, quella politica».
IL PECULATO È questa la sostanza del provvedimento con cui, ieri mattina, il gup di Cagliari Cristina Ornano ha rigettato le istanze presentate dalla difesa di 4 dei 17 consiglieri regionali della passata legislatura accusati di aver destinato a fini diversi da quello politico-istituzionale i fondi a disposizione dei gruppi Misto e Sardegna Insieme: 2.500 euro al mese per ogni componente del gruppo.
Soltanto Adriano Salis, dell'Idv, ha scelto il rito abbreviato, seppur condizionato all'audizione di due testimoni, e si è sottoposto immediatamente all'interrogatorio del pubblico ministero Marco Cocco. Tutti gli altri seguiranno la procedura ordinaria. Appuntamento al 26 e 28 novembre quando si celebrerà prima il processo a Salis poi l'udienza in cui il giudice deciderà se rinviare a giudizio gli altri 16 indagati: l'eurodeputato Idv Giommaria Uggias, gli assessori regionali Oscar Cherchi (Pdl) e Mario Floris (Uds), Carmelo Cachia e Giuseppe Giorico (ex Udeur), Sergio Marracini (Udc), Salvatore Serra (Sinistra autonomista), Tore Amadu e Renato Lai (Pdl), Alberto Randazzo (Udc), Giuseppe Atzeri (Psd'Az), Beniamino Scarpa (prima Psd'az poi Pd), Maria Grazia Caligaris, Raimondo Ibba, Pierangelo Masia e Raffaele Farigu (socialisti). Le cifre contestate variano: ad Atzeri il pm contesta l'utilizzo di 135.616 euro; alla Caligaris 136.661; 135.185 a Ibba, 129.511 a Floris; 117.528 a Scarpa; 81.920 a Cherchi; 78.922 a Masia; 74.366 a Farigu; 32.500 a Uggias; 30.350 a Randazzo; 24.200 a Lai; 18.500 ad Amadu; 235.693 a Giorico; 195.996 a Marracini; 62.773 a Salis; 52.724 a Cachia; 44.787 a Serra.
L'INSINDACABILITÀ Nella scorsa udienza la difesa di Masia, Floris, Ibba, Cachia e Farigu aveva sostenuto che gli atti di indagine sarebbero affetti da nullità insanabile in quanto acquisiti in modo illegittimo perché sottratti al controllo dell'autorità giudiziaria. Quegli atti insomma, potrebbero essere controllati solo dal Consiglio regionale e dei suoi organi di autogoverno. Su questo punto il giudice si è soffermato a lungo nell'ordinanza con cui ha respinto tutte le eccezioni degli avvocati: «La magistratura penale ha il dovere di verificare se sia stata in concreto osservata la relazione funzionale tra erogazione e percezione della contribuzione da un lato, finalità pubblicistica della spesa dall'altro. Verifica che, in questo caso, è stata avviata dal pm non quale pretesa di un generale e generalizzato controllo sulla legittimità dei deliberati dell'Assemblea regionale e dei suoi organi in materia di erogazione dei fondi ai gruppi consiliari, bensì in presenza di un notizia di reato che riguardava la denuncia di una dipendente dei gruppi. Successivamente, sulla scorta degli atti legittimamente acquisiti nell'ambito di quella iniziale attività d'indagine e degli elementi emersi, l'inchiesta si è allargata alle spese dei consiglieri dei due gruppi coinvolti nella vicenda lavorativa di quella dipendente».
Di più: se anche gli uffici del Consiglio regionale non avessero contemplato l'obbligo di allegare le pezze giustificative delle spese, e se gli organi competenti non avessero controllato, sotto il profilo penale «rileva l'effettività della destinazione della spesa alle finalità per le quali le somme erano state erogate».
LE SPESE Il giudice ha chiarito poi la natura giuridica dei gruppi consiliari e contestato la linea della difesa: «Gli avvocati affermano l'insindacabilità dell'operato dei consiglieri sul postulato che la condotta di spesa del pubblico denaro sia soggetta a guarentigie che assistono i componenti del Consiglio regionale che sono, per definizione, pubblici ufficiali e ricevono quelle somme per l'esplicazione di funzioni collegate a quella legislativa. Intanto sostengono che quel denaro verrebbe ricevuto e gestito dagli stessi consiglieri in regime privatistico». Il giudice Ornano ha rilevato la contraddizione sostenendo che «nella concreta destinazione della somma il consigliere agisce nella sua qualità di pubblico ufficiale e maneggia pubblico denaro avente una destinazione pubblicistica prefissata».
Con la stessa ordinanza il gup ha rigettato pure la inusuale richiesta dell'eurodeputato Idv Giommaria Uggias che avrebbe voluto difendersi da solo in base alla Convenzione europea dei diritto dell'uomo. Il giudice ha sottolineato che «il diritto dell'imputato di difendersi personalmente, senza l'assistenza di un avvocato, pone una norma di carattere programmatico contenente un'affermazione di principio che non modifica il codice di procedura penale». Risultato: dopo aver revocato la nomina del suo collega di partito Federico Palomba, Uggias dovrà scegliere un altro difensore.
L'INTERROGATORIO Respinte le eccezioni, l'udienza preliminare è proseguita con l'esame di Adriano Salis, difeso da Marco Fausto Piras: l'esponente dell'Italia dei valori ha detto di aver sempre presentato le pezze giustificative quando era iscritto agli altri gruppi consiliari. Poiché il gruppo Misto non chiedeva i rendiconti nei primi sei mesi non ha incassato i fondi. Lo ha fatto dopo, spinto dai funzionari regionali. In ogni caso, Salis ha detto di avere tutte le pezze giustificative e ieri ha portato le ultime, per ventimila euro. Quindi ha puntato il dito sui consiglieri di altri gruppi (di cui non ha fatto i nomi) che incassavano i fondi senza rendiconto ma, quando il pm gli ha chiesto se sapesse per quali fini avessero speso quei soldi, Salis ha detto di no. Del resto, il processo è tutto qui: il peculato è legato non all'erogazione del denaro ma alla sua destinazione.
Maria Francesca Chiappe