Con le tappe a Oristano, Olbia, Nuoro e Sassari si è concluso il tour sardo del sindaco
Renzi intriga anche qualche bersaniano: la sfida è seria
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Dal nostro inviato
Giuseppe Meloni
SASSARI Avrà preso appunti, Matteo Renzi? Perché il suo tour sardo si è rivelato un compendio dei mali di una terra intera: lo ha accolto il dolore rabbioso degli operai del Sulcis, chiude la sua visita percorrendo la Olbia-Sassari.
Due corsie su cui il suo camper deve prima dribblare un ingorgo per un incidente all'uscita del capoluogo gallurese, e poi rimanere a lungo inchiodato dietro un camion impossibile da sorpassare. «Se vinco io, cambiamo l'Italia», è il ritornello del Rottamatore, nella seconda giornata di comizi isolani. Se vorrà cambiare anche la Sardegna, dovrà dare risposte a quei problemi.
L'ISOLA Lui parla molto, ma sui temi locali soprattutto ascolta. Rende visita all'azienda agricola di Fortunato Ladu, uno dei leader dei pastori, e si fa raccontare i guai dell'agricoltura. Arriva a Nuoro e si informa sui problemi della crisi industriale di Ottana, o del settore tessile: «Mi ha chiesto quale sarà il prossimo passo, gli ho detto che dal 31 dicembre saremo in mobilità», riferisce Antonio Braccini, cassintegrato Legler e delegato Ugl, un cuore che non ha mai battuto a sinistra ma ora guarda a Renzi con qualche speranza.
«Matteo ha fatto quel che gli avevamo chiesto alla vigilia: non ha finto di avere facili ricette ma ha ascoltato quel che i sardi avevano da dire», commenta a fine tour Giuseppe Frau, uno dei principali riferimenti del sindaco nell'Isola. I 568 chilometri percorsi da Renzi in poco più di 24 ore sono serviti anche a far notare alcuni sostenitori di questa campagna “primaria”. Quelli di cui già si sapeva, come i consiglieri regionali del Pd Chicco Porcu e Gavino Manca. Alcuni loro ex colleghi, come Antonio Biancu a Oristano e Pier Luigi Caria a Olbia. Tanti amministratori locali, dal consigliere provinciale di Cagliari Emanuele Armeni al vicesindaco di Calangianus Fabio Albieri.
BAGNO DI FOLLA Ma non è loro, di sicuro non solo loro il merito delle migliaia di persone che hanno voluto andare a scoprire l'oggetto misterioso Renzi. Una piazza affollata, a metà mattina, a Oristano. Una sala strapiena a Olbia. Un teatro gremito a Sassari: solo l'appuntamento di Nuoro è stato un po' in tono minore (ma in piena ora di pranzo). Potrebbe non bastare a sovvertire i pronostici favorevoli a Bersani, anche in Sardegna. Ma va detto che più di un bersaniano, dopo aver fatto capolino agli incontri del sindaco fiorentino, ha sottolineato lealmente che la sfida è seria.
I TEMI È vero che i concetti esposti da Renzi sono pochi, semplici, ben studiati. Il contrario delle 281 pagine di programmi dell'Unione di Prodi. Deludono chi gradisce più approfondimento, ma si lasciano capire. Spesso colpiscono la fantasia prima ancora che il raziocinio, magari grazie all'aiuto di un videoclip o di una battuta (ben studiata anche quella: di tappa in tappa alcune si riproducono identiche, fin nelle espressioni facciali).
Matteo Renzi, per altro, sa come calibrare il discorso in relazione all'uditorio. Per esempio si arruffiana i sassaresi definendo la loro città «capitale della politica: ci ha dato Segni, Cossiga e quel galantuomo di Enrico Berlinguer, che parlando incantava persino un democristiano di sinistra come mio padre». A Nuoro ritorna sulle scelte dell'industrializzazione e poi sulla desertificazione industriale.
«SE PERDO, SE VINCO» Però il suo messaggio forte è il cambiamento di stile della politica. La rottamazione, dice lui, significa anche «metà Parlamento a metà prezzo»: col taglio del numero di deputati e senatori, e dei relativi vitalizi. «Perché i parlamentari non possono intervenire sulle pensioni della gente e non sulle loro», attacca.
D'altra parte la sua insistenza sul ricambio generazionale ha già prodotto effetti: l'addio di Veltroni e D'Alema, ora anche quello di Berlusconi che annuncia le primarie del centrodestra. «Chissà quanto ci metterà a cambiare idea il Cavaliere», scherza il Rottamatore, «ma forse è la volta buona. Perché le primarie hanno già fatto crescere il Pd nei sondaggi».
La logica conseguenza è il ragionamento sul «che farò se perdo». Qui Renzi è nettissimo: «Nessun premio di consolazione, resto a fare il sindaco e non vado né in Parlamento né al governo. Non siamo arrivisti in carriera, è una battaglia per le idee, non per una seggiola. E l'infamia non è perdere, ma non provarci mai». Dopodiché, ci tiene a precisare, «io vorrei vincere. Ai miei coetanei dico: è l'ultima occasione per rimettere in moto l'Italia, e tocca a noi farlo». E se si vince, conclude il Rottamatore, «stavolta si cambia l'Italia».