Successo (e tensioni) per l'apertura della stagione concertistica del Teatro Lirico di Cagliari
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Gli striscioni che scendono dalla prima loggia rilanciano la polemica su chi dovrà guidare il Teatro Lirico cagliaritano. Ma sul palco è tutto così come dev'essere. A salutare l'inizio della nuova stagione concertistica ci sono l'orchestra e il coro da grande occasione - oltre 150 elementi - e un direttore d'esperienza, Aldo Ceccato, che mette tutta la sua passione per dare anima alla serata. E quando alla fine del primo tempo è sommerso dagli applausi, non esita a scendere in campo a fianco agli artisti, prendendo la parola per dire a voce alta: «Qui a Cagliari avete una magnifica orchestra, tenetevela da conto».
È un inizio di stagione con scintille quello andato in scena in via Sant'Alenixedda, con qualche tensione sindacale e un programma bello e per niente scontato. A partire dalla Sinfonia n. 6 in re maggiore di Antonin Dvorák, che cela i retaggi della tradizione slava dietro le solide strutture della sinfonia di tradizione mitteleuropea. Questo in fondo è Dvorák: scopritore della tradizione della sua terra, ma epigono di Brahms. E se i primi movimenti sono condotti nel segno del culto del musicista tedesco, con ricordi della sua seconda sinfonia, l'originalità del musicista boemo irrompe nello scherzo con la vitalità di temi che riprendono stilemi del folclore ceco.
Un intreccio di suoni articolati in modo nitido e vitale dall'orchestra che dà forza e incisività ad ogni aspetto del discorso. Da parte sua il direttore non fa mancare stimoli e guida sicura. Affidandosi a gesti precisi, Ceccato dirige a memoria e si lascia trascinare dall'enfasi, cantando in sottofondo le note delle diverse parti. La sintesi è nel movimento finale, dove direttore e orchestra sono bravi nel raccogliere le fila del discorso, dando respiro alle diverse ispirazioni di Dvorák in un affresco sonoro fatto di rimandi e sviluppi, sottolineati dagli applausi.
È però l'orgia di suoni della cantata dell' Aleksandr Nevskij , op. 78 di Sergej Prokofiev, a catalizzare l'attenzione. Nata come musica per il film di Ejzenstejn, con le note scritte sotto ogni fotogramma, e poi riproposta nel 1939 come cantata scenica dallo stesso Prokofiev, Aleksandr Nevskij ha i toni dell'epopea, a cui l'orchestra e il coro di Cagliari sanno restituire l'impatto visionario originario. Bello l'intreccio delle voci del coro nell'architettura scandita dall'ossessivo ritmico del Peregrinus expectavi . E spettacolare è La battaglia sul ghiaccio , dove lo scontro di sonorità profonde, accordi dissonanti, passaggi politonali crea un'enfasi crescente, espressa nei suoni squillanti e nell'imponente volume di suono.
C'è il pensiero, l'anima e il genio di Prokofiev nel rincorrersi di queste immagini sonore, dove trova appena lo spazio qualche ripiegamento melanconico nel canto affidato al mezzosoprano Anastasia Boldyreva. Un percorso che conduce a un tripudio di sonorità non convenzionali e virtuosismi estremi. Una grande prova di carattere del coro preparato da Marco Faelli e dell'orchestra di Cagliari, coinvolti in un'emozionante esplorazione di sonorità non convenzionali, che la direzione di Ceccato gestisce con padronanza, valorizzando i tanti aspetti visionari della musica di Prokofiev.
Greca Piras