Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«È ora di dare lo stop a Monti»

Fonte: L'Unione Sarda
22 ottobre 2012



Il leader di Sel oggi a Carbonia, Guspini e Serdiana. Alle 18.30 il comizio a Cagliari
 

Nichi Vendola: il governo smetta di scorticare gli italiani
Nichi Vendola, Sel non basta a vincere le primarie. Dica perché uno del Pd dovrebbe votare lei.
«Trovo poco utile etichettare l'elettorato. Bisogna parlare a tutto il Paese: la crisi e le misure draconiane degli ultimi due governi pesano su tutti. La classe media scivola verso la povertà, autonomi e piccole imprese sono in difficoltà. Io parlo a chiunque pensi che si debba ridare centralità al lavoro; che la crisi deve pagarla chi l'ha generata; che serva una politica industriale vera, basata su formazione e ricerca».
Da premier, quale sarebbe il primo provvedimento?
«Me ne lasci dire due. Anzitutto varerei un governo fatto per metà di donne, come la giunta pugliese. Poi immagino un taglio all'acquisto degli aerei militari F35, per recuperare 4 miliardi per un piano straordinario di edilizia scolastica. I nostri studenti hanno diritto a scuole sicure, antisismiche, senza barriere architettoniche e connesse al web».
Dicono che Veltroni si è ritirato perché c'è lei, e Bersani rinnega l'agenda Monti su suo ordine. È così potente?
«Sono potenti le richieste di chi soffre per le misure di Monti. Esodati, insegnanti. Di questo voglio parlare: non di polemiche interne alla nomenclatura Pd, mentre un popolo chiede aiuto».
Non negherà di aver stoppato l'intesa con l'Udc. Eppure prima era disponibile: o avevamo capito tutti male?
«Sono stato sempre molto chiaro. La coalizione è aperta a tutti coloro che auspicano il superamento delle politiche liberiste delle destre, l'equità a partire dall'articolo 18, i diritti civili a partire dalle coppie di fatto e gay. Io e Casini abbiamo vocabolari diversi».
Il calo dello spread non dà ragione a chi sta con Monti?
«Lo spread è sceso solo di recente. Autorevoli economisti dicevano che con Monti sarebbe crollato, invece è arrivato vicino ai livelli di Berlusconi e solo l'intervento della Bce lo ha ridotto. Ma mi chiedo: come mai nessuno misura lo spread sociale? Monti ha restituito all'Italia, nel mondo, un volto più accettabile della figura di un Paese avvolto nelle lenzuola notturne dell'ex premier. Ma non si giudica un governo dallo spread».
Se il Pd votasse la legge di stabilità così com'è, quale sarebbe il suo giudizio?
«Bisogna dare uno stop al governo Monti. Non si può continuare a scorticare quel che resta degli italiani. Né deve passare l'idea che le risorse del welfare e della scuola servano a fare cassa e pagare il debito. Così si pone un'ipoteca sul futuro delle giovani generazioni».
Sel sostiene il referendum contro la riforma del lavoro, votata dal Pd. Se governerete insieme, si rivedranno gli scontri dell'Unione di Prodi?
«Nessuno scontro. Abbiamo firmato una carta di intenti molto chiara, con gli impegni del centrosinistra al governo. E facciamo le primarie non a caso; non è un concorso di bellezza o un modo per farci pubblicità. I candidati hanno profili e priorità diverse. Io dico che il tema del lavoro e dei diritti dei lavoratori, col ripristino dell'articolo 18, devono tornare al centro dell'agenda politica e farò in modo che la coalizione ne prenda coscienza. Siamo piombati nella crisi perché il lavoro è stato marginalizzato, ritenuto un elemento accessorio».
A proposito di Prodi: a lei e Bertinotti rimproverano ancora di averlo fatto cadere nel '98. Si è mai pentito?
«Col primo governo Prodi abbiamo sbagliato in tanti e anche Rifondazione ha fatto errori. Ricordo però che nel 1996 iniziammo a parlare di patrimoniale, tutti ci guardavano con diffidenza. Oggi perfino Confindustria è favorevole. Invece il secondo governo Prodi è caduto per colpa dei centristi, gli stessi che andranno al governo se ci sarà il Monti-bis».
La sua figura era in grande ascesa, ora certi sondaggi la danno al 5%. Si è esaurita una spinta propulsiva?
«Non mi appassionano i sondaggi e non lo dico per l'abbrivio della risposta facile. La mia campagna per le primarie è partita da troppo poco. Ma tanti segnali, fatti di voci e volti, mi dicono che l'ascesa di cui lei parla è appena iniziata».
Veltroni e D'Alema si autorottamano: lei che fu eletto alla Camera nel '92, come l'ha presa?
«Ogni partito ha le sue regole, i suoi equilibri. Io, com'è noto, non sono del Pd, e spero che Sel elegga giovani, donne, intellettuali».
Non faccia gli scongiuri, ma in caso di ballottaggio Renzi-Bersani lei che fa?
«Io mi candido per vincere. Il resto sono espedienti per occultare la contesa sui programmi, che mi distingue dai miei competitor. Preferirei parlare di contenuti».
Alle 18.30 parlerà all'hotel Mediterraneo di Cagliari. Cosa dirà della Giunta Cappellacci?
«La legislatura regionale è finita da un pezzo. Forse non è mai iniziata. La Sardegna vive una condizione terribile. Il centrodestra non ha segnato la più timida inversione di tendenza. Se il presidente avesse impegnato sul lavoro un decimo delle energie profuse per scardinare il Ppr, forse l'Isola non sarebbe sul baratro».
Sente ancora Soru?
«Con Renato ho condiviso un'idea di innovazione del Paese e delle Regioni, e l'attenzione per territorio e ambiente. Le idee diverse rimangono le stesse di allora, sulle politiche del lavoro e sociali. E oggi ci divide il diverso giudizio su Monti».
Cosa pensa delle polemiche sulle recenti nomine del sindaco Zedda?
«Uno scontro di tale violenza su una nomina, invece che sulle questioni del lavoro e della crisi, rivela che qualcosa non torna. Spesso, quando si prova a cambiare un equilibrio consolidato da anni, la reazione è questa».
Giuseppe Meloni