Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il palazzo dimenticato Da 30 anni gli abitanti aspettano un restauro

Fonte: L'Unione Sarda
15 ottobre 2012


CEP. Proteste in via Avogadro


«La nostra palazzina cade a pezzi perché in trent'anni non è mai stata ristrutturata. Dal Comune solo promesse ma nessun intervento di restauro. Alle prossime elezioni diserteremo le urne in segno di protesta e strapperemo simbolicamente le nostre tessere elettorali». A parlare sono gli inquilini di uno stabile popolare, in via Avogadro di Collobiano numero 23, nel cuore del Cep. Un luogo dove vigili del fuoco e protezione civile possono considerarsi ormai di casa.
«Nel corso di oltre tre decenni», riferisce sdegnato Gesuino Girau, pensionato, residente in via Avogadro da ben 33 anni, «sono stati fatti innumerevoli sopralluoghi inutili. Da un anno e mezzo tutto il piano pilotis è transennato e ci è stato caldamente sconsigliato di uscire in balcone perché c'è il rischio concreto che possa crollare». Il discorso vale per tutti gli appartamenti. «La pioggia di calcinacci è ormai una costante e di fatto bisogna camminare con il naso all'insù per evitare di essere centrati in pieno dai pezzi di cornicione. Una situazione insostenibile». Le transenne rosse sono cinte da un nastro giallo con la scritta lavori in corso. «Ma quali lavori? La realtà è che non sono mai cominciati. Nella nostra zona il Comune ha provveduto a ristrutturare altre palazzine, ma la nostra è stata inspiegabilmente dimenticata. Abbiamo ricevuto precise rassicurazioni, ma dalle parole non si è mai passati ai fatti». I disagi sono pesanti perché anche semplici operazioni quotidiane, come stendere i panni ad asciugare, possono rivelarsi rischiose. In gioco c'è l'incolumità di decine di famiglie, tra cui tanti anziani, donne e bambini. «Siamo stufi di aspettare, non se ne può più», chiosa amareggiato Gesuino Girau, «per protesta non voteremo più, stracceremo le tessere». Le vibranti lamentele dei residenti riguardano anche le pessime condizioni in cui versa il giardino. «Nessuno provvede a potare le piante e i rami degli alberi. Le fronde crescono spontaneamente e chi abita ai piani bassi è costretto a vivere al buio perché i raggi del sole non riescono a filtrare. Un disastro, insomma».
Senza contare tutta l'umidità che ne deriva. «In attesa che siano reperiti i fondi per la ristrutturazione, il Comune avrebbe potuto inviare almeno una squadra di giardinieri. Invece niente. Siamo completamente abbandonati a noi stessi».
Paolo Loche