Povero Ash Brown.....Fare il tour manager per un tipino come Tricky deve essere proprio un mestieraccio. Ma qualcuno lo dovrà pur fare, si dice. Ed eccolo allora - se non ogni volta, molto spesso - e con palpabile imbarazzo, a dover spiegare i cambiamenti di umore, i commenti sopra le righe, la scarsa propensione per le interviste (a questo però c'è un rimedio veramente definitivo: basta non concederne), i dietro front, gli equivoci e le incomprensioni del musicista anglo-giamaicano. Una vita insomma a cercar di porre la classica pezza. Ma Tricky è così, con le sue idiosincrasie, le fisime, l'umore ballerino. In Italia per promuovere il nuovo e atteso disco ( Knowle West Boy a un lustro dall'ultimo), Tricky fa una puntata anche in città: questa sera all'Auditorium del Conservatorio il musicista di Bristol con il suo show chiude la lunga e affollata rassegna organizzata da Vox Day, il Karel Music Expò 2008. Ma al buon Ash è toccato anche stavolta il lavoro di “pezzaro”, cioè il diplomatico de noantri. Prima di tutto per questioni di orario per le interviste. Ma tutto si accomoda con una buona dose di savoir faire anche se si percepisce subito che Tricky non deve essere di luna buona. Questione di pianeti in campi opposti o forse è semplicemente convinto che il “suo” orario per l'appuntamento è quello giusto o chissà cos'altro. «È molto stanco», dice Ash Brown, «questo tour è molto impegnativo e lo sta mettendo a dura prova». Album nuovo e conseguente giro promozionale. È la ragione stessa del tour. Troppo facile e ovvio. Tricky spiazza subito: «In realtà non so esattamente cosa farò. Dipende da come mi sentirò quando salirò sul palco. È sempre un po' un'incognita. Vado molto a sensazione e a istinto, a volte sono io il primo a essere sorpreso della scaletta, prima ancora del pubblico».
Guai a nominargli Bristol, luogo da cui partì tutta la scena del trip hop anni Novanta e di cui fu proprio mister Adrian “Tricky” Thaws uno dei maggiori artefici, specie con i Massive Attack. «Lui non vive più a Bristol da tempo», sussurra Ash, «quindi non sa molto di Bristol e della musica di Bristol». Si, ma allora perché omaggiare la città d'origine fin dal titolo del nuovo album. Knowle West è infatti il quartiere d'origine del musicista e si trova a Bristol. Non solo, ma tutto il disco sa di amarcord e di ritorno a casa, da quando esordì da solista nel 1995 con Maxinquaye . Misteri artistici tricchiani.
Quasi come la sua capacità di mescolare profondità da dub giamaicano ed elettronica, pop urbano e inquietudini, atmosfere di caligine e senso del dramma sonoro, rabbia ed estetica. Anche se di quest'ultima in realtà importa poco o nulla. La luce stordente su una testa mozzata del Caravaggio lo lascia abbastanza indifferente, per esempio. «Non mi piace andar per musei», dice, «e non mi interesso né di pittura né di altre forme d'arte». Con buona pace di Firenze (che lo ha ospitato proprio ieri) e delle sue bellezze. Niente arti figurative o miracoli architettonici. Ma c'è poco da fare anche su altri sentieri: «Non so molto di musica e proprio niente di quella italiana». Povero Bellini. «Non credo», aggiunge quasi malinconico Ash, «che si interessi delle contaminazioni o dell'apporto di altre culture o popoli sulla musica moderna». Sarà vero? Eppure proprio dalle contaminazioni, dal melting pot culturale (e persino razziale) è stato inventato quel genere che in una definizione si liquida come “trip hop” e che a lui deve molto. Chiederglielo però non serve. Si può però ipotizzare una risposta che non c'è: «Il trip hop non esiste, non è mai esistito e non mi riconosco in qualcosa che non esiste». Dunque lo si chiami come si vuole: stasera verrà suonata la colonna sonora del mondo di Tricky. Quello di oggi. Ma anche di ieri.
GIUSEPPE CADEDDU
25/10/2008