"6/09/2012 00:15di Federica Lai
“Non esiste la “maggioranza critica” nel Comune di Cagliari: io faccio parte della maggioranza e basta. Esistono, poi, diverse sensibilità tra i consiglieri”. A parlare è il giovane consigliere Enrico Lobina, Federazione della Sinistra, che espone la sua visione su quanto finora è stato fatto a Cagliari, e su cosa si dovrebbe puntare per migliorarla.
Lei secondo alcuni fa parte appunto della cosiddetta “maggioranza critica” in Consiglio comunale: cosa pensa dell’operato della Giunta Zedda in questo anno e mezzo? Quali risposte non ha ancora dato alla città?
Credo che ci debba essere, soprattutto in un periodo di crisi come questo, un tentativo di andare oltre ciò che si è fatto. Alcuni provvedimenti importanti sono stati presi in questo anno e mezzo, e credo che le aspettative di cambiamento e la fiducia che i cagliaritani ripongono in noi ci impongono un salto di qualità, che riassumerei in cinque parole: visione, ascolto, progettazione, decisione, e responsabilità. Tutto questo per disegnare la Cagliari del 2030, anche in un periodo in cui il Governo nazionale sta portando avanti assurde politiche criminali nei confronti degli enti locali. Noi siamo riusciti a fare una buona ordinaria amministrazione: abbiamo dato risposte alle emergenze, ma bisogna migliorare l’attività del Consiglio ed il governo della città in generale lanciando complessivamente l’attività di trasformazione di Cagliari dopo la pausa estiva. Io intravedo alcune priorità politiche contro la crisi: rimodulazione e rilancio delle politiche culturali e sociali, e velocizzazione di tutti quei compiti in materia urbanistica che abbiamo in questa consiliatura. Con questo faccio riferimento, in particolare, al piano particolareggiato per il centro storico, al Pul, all’adeguamento del Puc al Ppr. Tutti questi elementi sono delle priorità su cui concentrarci, e devono stare dentro una visione complessiva di città.
Una Giunta fatta da tecnici, e non da politici, saprà risolvere da sola i veri problemi di Cagliari? E come mai sinora ha sfornato così poche delibere?
I tecnici in politica non esistono: nella Giunta ci sono persone che non sono state elette, ma svolgono comunque un ruolo politico. Tutti noi abbiamo il compito di dare risposte e di cambiare le condizioni materiali di vita dei cagliaritani: cercando di ridurre la povertà, la dispersione scolastica, e impedire l’esodo da parte di chi abita a Cagliari verso altre mete. Questo lo devono fare consiglieri e Giunta insieme, a prescindere dalla qualità di tecnico o politico. Io non credo che contare quante delibere son state fatte possa essere un metro di giudizio di un organismo. Dobbiamo avere un’impostazione legata al risultato: una volta che ci si prefigge un obiettivo non conta il numero di delibere, ma la loro efficacia per raggiungerlo.
La sinistra fa della lotta al precariato una delle sue bandiere anche a Cagliari: cosa può fare di più il Comune sul fronte dell’occupazione?
Per quanto riguarda il precariato, in particolare nell’amministrazione pubblica, la Federazione della Sinistra ha avuto un ruolo di primo piano. Credo che ci siano tre aspetti importanti per favorire l’occupazione nel Comune di Cagliari: una rimodulazione dei cantieri, un corretto utilizzo del microcredito, e un impiego sempre maggiore di fonti di finanziamento extra bilancio, come i finanziamenti di origine comunitaria, e non solo. Ci sono, poi, politiche che sono a monte rispetto al problema occupazionale, come le politiche per la pubblica istruzione e quelle sociali, che sono da seguire con la stessa attenzione per un risvolto occupazionale che avranno più a lungo termine.
Quali sono, secondo lei, le vere emergenze dei quartieri a Cagliari?
Quando parliamo di quartieri della città occorre passare da una visione settoriale ad una visione complessiva . Per esempio, nel caso di Sant’Elia, bisogna attuare una serie di politiche, urbanistiche, sociali, culturali, e della pubblica istruzione, insieme alla popolazione, che faranno fare un salto di qualità. Io vedo oggi la necessità di riformare le politiche sociali per dare una prospettiva diversa all’insieme delle periferie. E l’insieme dei contesti periferici deve essere ripensato anche mediante il Puc, che deve ridisegnare la città, e magari dare anche nuove regole. Per esempio io sono a favore dell’iniziativa che sta portando avanti il Comune di Milano sulla questione abitativa: un privato o un’impresa che ha uno stabile sfitto non può avere nuove concessioni edilizie da parte del Comune. Questo potrebbe essere uno dei metodi attraverso i quali si costruisce il diritto alla città: pensata non in funzione della speculazione, ma delle esigenze di chi ci abita, e una prima esigenza è quella abitativa. Esiste un secondo aspetto del diritto alla città: il diritto alla mobilità. Tutta la maggioranza, su impulso della Federazione della Sinistra, ha trovato, nonostante i tagli nazionali, delle risorse per permettere ai disoccupati cagliaritani di avere sconti per gli autobus. Un terzo modo per costruire il diritto alla città riguarda le politiche sociali di tipo inclusivo: io credo che dovremo passare da politiche sociali che vivono sul principio del “vieni e chiedi”, a politiche sociali di tipo comunitario non assistenziale.
federica.lai@castedduonline.it