Presentato il Rapporto dell’Osservatorio provinciale del mercato del lavoro: occupazione sempre più precaria e sempre meno qualificata
di Felice Testa wCAGLIARI
Se il Sulcis piange i posti di lavoro persi, o in pericolo, nelle miniere e nell’industria, la provincia di Cagliari non alcun motivo per fare festa. Nel 2011, il saldo dell’occupazione registra 3.229 unità in meno e un aumento di iscrizioni ai Centri servizi del lavoro di 6.044 unità, il 5,3% in più rispetto all’anno precedente, in tutto 126mila. I dati riportati nel Rapporto 2011 dell’Osservatorio provinciale del mercato del lavoro, presentato, ieri, a Palazzo Regio, delineano una situazione di grave difficoltà nell’andamento dell’occupazione in provincia di Cagliari. Dati che non si discostano da quelli generali del paese divulgati, nei giorni scorsi, dall’Istat. «Aumentano gli iscritti ai Centri servizi del lavoro, aumentano i disoccupati rispetto agli inoccupati, ma cresce anche l’inattività come conseguenza delle maggiori difficoltà di trovare un lavoro – sottolinea l’assessore alle Politiche del lavoro, Lorena Cordeddu. Noi non abbiamo operai che salgono sui campanili o si barricano nei pozzi delle miniere – prosegue – prevale, invece, un fenomeno di scoraggiamento, di rassegnazione, nella ricerca attiva di un’occupazione che, peraltro, si caratterizza sempre più come esperienza breve e precaria». La fotografia scattata dal Rapporto descrive una provincia in crisi di lavoro, anche nei dati che potrebbero far pensare a un’inversione di tendenza. «Come nel 2010, la dinamica complessiva del mercato è negativa: le cessazioni superano le assunzioni di 3.229 unità, pari a una differenza percentuale del 2,7% – si legge nel Rapporto – . Si osserva tuttavia – viene precisato – un rallentamento della perdita occupazionale, dato che nel 2010 l’eccedenza di cessazioni sugli avviamenti era stata di 5.140 unità. Questo risultato non è dovuto, tuttavia, a una riduzione delle cessazioni che sono, invece, salite di 6.877 unità, ma al fatto che rispetto al 2010 le cessazioni sono aumentate in misura minore rispetto alle assunzioni. Come nel 2010, il saldo negativo è dovuto alla prevalenza di cessazione sulle assunzioni a tempo indeterminato, mentre quelli a tempo determinato fanno registrare un saldo positivo ma largamente insuficciente a compensare la contrazione dell’occupazione a tempo indeterminato». In sintesi crescono i disoccupati, il numero di coloro che hanno rinunciato a cercare un’occupazione e il lavoro a tempo indeterminato viene sostituito da quello precario, meglio noto nella versione consolatoria di lavoro a tempo indeterminato o di occupazione flessibile. La modernità del mercato del lavoro non risparmia la provincia di Cagliari, si perde quello sicuro e se ne acquista un modello fragile e transitorio. «Gli avviamenti a tempo indeterminato raggiungono appena il 19,8% del totale e il 72,8% dei rapporti di lavoro avviati nel 2011 si è concluso entro la fine dell’anno – riporta il documento dei ricercatori della provincia». I settori più colpiti dalla crisi sono tre: le costruzioni, il commercio e l’industria. Da soli si portano via 3.000 posti di lavoro. Crescono, invece, i servizi alle famiglie e il settore dell’istruzione. Per completare il quadro del lavoro che non c’è, sebbene, precisa il Rapporto, su dati ancora provvisori, «i lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali in deroga che nel 2011 hanno effettuato almeno un colloquio al Centro servizi del lavoro sono stati 4.981. Il 51% del totale sono donne».
Per le donne cresce solo la richiesta di servizi domestici
ECONOMIA»I DATI DELLA CRISI
A perdere il lavoro, quello a tempo determinato, una volta definito “sicuro” sono in misura maggiore gli uomini fra i 35 e i 44 anni, una fascia d’età “matura” che, la riforma del lavoro considera “non problematica”. In misura di poco inferiore quelli tra i 55 e i 64, per i quali , se non sono stati maturati i requisiti per la pensione, si prospetta un reinserimento nel mondo del lavoro di notevole difficoltà. I nuovi contratti a tempo determinato, i meno tutelati, riguardano le donne che mantengono una situazione di svantaggio sul mercato rispetto agli uomini. Mentre la quota di assunzioni a tempo indeterminato crolla, per le donne al 6,3%.L’unico saldo positivo, riguarda un comparto a prevalenza femminile, dove sono cresciuti i contratti a tempo indeterminato, quello del lavoro domestico.