Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

I computer regionali smaltiti dai Rom

Fonte: La Nuova Sardegna
24 agosto 2012

 
Sette indagati, sotto accusa i responsabili di due imprese. Atti falsi e fuochi notturni per incenerire veleni sulla 554

L’INCHIESTA»TRAFFICO DI RIFIUTI




di Mauro Lissia wCAGLIARI La notte arrivavano gli autocarri carichi di computer, monitor, vecchi apparecchi per la videoscrittura recuperati nei magazzini degli uffici regionali. L’operazione di scarico nel campo Rom della 554 durava pochi minuti. Dello smaltimento, del tutto fuori dalla legge, si occupavano i nomadi: recuperati i metalli di un qualche valore, il resto veniva dato alle fiamme. Così l’oscurità era rotta dai bagliori del fuoco e chi abita da quelle parti doveva rassegnarsi a respirare aria avvelenata. Il nucleo investigativo del Corpo Forestale ha raccolto le prove di un traffico andato avanti probabilmente per mesi, un traffico low cost di rifiuti speciali dal produttore alla discarica illegale, finito pochi mesi prima che il sostituto procuratore Marco Cocco disponesse lo sgombero del campo. I fatti sono al centro di un’inchiesta giudiziaria avviata dal pm Giancarlo Moi e ora - dopo il trasferimento di Moi alla Procura generale - passata all’ufficio del collega Guido Pani, della direzione distrettuale antimafia, che presto ordinerà nuove acquisizioni. Ma i documenti messi insieme dagli investigatori, i filmati e le testimonianze parlano già piuttosto chiaro: fino a questo momento sotto accusa ci sono sette persone tra cui i responsabili dell’impresa sarda che ha ottenuto l’affidamento diretto per lo smaltimento dei rifiuti speciali della Regione - classificati come Raee, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche - e quelli della ditta che ha successivamente acquisito il subappalto del lavoro attraverso un complesso gioco di scatole cinesi. Compare nelle carte dell’indagine anche una società russa con sede a Mantova. L’accusa contestata nel rapporto della Forestale è traffico illegale di rifiuti speciali, un reato di competenza della Dda che prevede conseguenze penali pesanti. Ma ora che l’inchiesta è entrata nella fase conclusiva l’accusa potrebbe essere estesa ad alcuni nomadi della comunità che viveva sulla 554: c’è almeno un testimone che dice di aver assistito a trattative economiche tra gli uomini dell’impresa e i Rom. Secondo la Forestale in cambio dello smaltimento clandestino sarebbe stata versata una percentuale del profitto. Poi, per ottenere il pagamento del servizio secondo il contratto, l’impresa avrebbe presentato agli uffici regionali documenti falsi, che certificavano lo smaltimento in discariche autorizzate. La Procura dovrà decidere se unificare il fascicolo sul traffico illegale di rifiuti con quello che ha condotto all’ordinanza di sgombero per ragioni igienico-ambientali. Dipenderà dalle valutazioni del procuratore capo Mauro Mura. La ricostruzione dei fatti è blindata sul piano probatorio perché Forestali e Vigili urbani di Quartu hanno verificato in diretta e filmato quanto è accaduto in un tardo pomeriggio dell’estate scorsa: alcuni autocarri si sono avvicinati al campo Rom, hanno preso accordi sbrigativi con gli abitanti poi hanno scaricato rifiuti a due passi dalla tendopoli dei nomadi, dove si trovavano anche bambini di pochi mesi. In meno di un quarto d’ora sono scivolati giù dai cassoni computer, monitor, componenti di apparecchiature informatiche classificati dal un decreto-legge del settembre 2007 come Raee, materiali da smaltire seguendo procedure rigorose. Prima di portarli al termovalorizzatore o alla discarica vanno difatti resi innocui eliminando dalle componenti elettriche i materiali nocivi o riciclabili come rame, ferro, acciaio, alluminio, vetro, argento, oro, piombo e mercurio oltre che gas e plastiche indicate nelle disposizioni ministeriali. C’è un’azienda che si occupa di «spogliare» i Raee per garantirne lo smaltimento in condizioni di sicurezza, ma gli imprenditori ora sotto inchiesta preferivano tagliare corto, risparmiando tempo e soprattutto denaro: i rifiuti elettronici, scaricati alla chetichella al campo Rom, secondo la Forestale venivano accatastati e bruciati quasi subito. Un fumo nero e denso ha ammorbato per mesi l’atmosfera, spesso anche due-tre volte la settimana. Ma prima che arrivassero i controlli di polizia giudiziaria è stato necessario che gli abitanti della zona si rivolgessero al Gruppo di Intervento giuridico e agli Amici della terra.