I commenti della gente che lascia il capoluogo. «I negozi devono rimanere sempre aperti»
Ore 14 e trenta: aeroporto, partenze. Nessuna ressa ai check-in, l'attesa è ordinata. Fuori il caldo non dà tregua, ma il termometro del turismo segna valori bassi. L'istantanea di un pomeriggio rovente del dopo Ferragosto conferma una stagione grigiastra. I turisti non sono tantissimi, ma ci sono. Le informazioni parlano chiaro: in tanti snobbano Cagliari e puntano dritti per Villasimius. Dall'Emilia Romagna al Tanka village, due settimane di ferie per Franco Maccari. «Potenzialmente, magari», alla domanda Cagliari è una città turistica, storce il naso. «Non offre niente, perché uno dovrebbe andarci?». La famiglia è al completo, sono in cinque, attendono il volo delle 16, destinazione Parma. Le loro vacanze sono giunte al termine. «Almeno nel periodo estivo i negozi dovrebbero essere aperti ogni giorno, anche la domenica». Ma la realtà è diversa.
La cartolina di Cagliari nell'ultimo giorno della settimana stride con la pretesa di qualcuno di definirla città turistica. E i commenti di chi si appresta a lasciare l'Isola lo confermano. L'estate per molti si può archiviare, e in valigia c'è un ricordo del capoluogo sardo non proprio entusiasmante. Quindici giorni, in parte a Villasimius, in parte a Porto Cervo. Le serrande abbassate nelle principali vie dello shopping non sono un problema per Christophe Schmitt. «Così spendo meno». Arriva dalla Francia, attende il volo delle 16 e cinque, per Basilea-Friburgo. «Cagliari è bella e accogliente». Non inganni il nome, anche Mirella Giovannetti è francese, ma i genitori sono italiani. È in coda al check-in. «Magari potrebbero fare i turni, ma è giusto che almeno un giorno chiudano». Vacanze lunghe per Carla Cavalca. Arriva da Bergamo, per lei un mese a Villasimius, in campeggio. Ormai una tradizione. «È da anni che trascorro l'estate così». Nessun dubbio. «Il vostro mare è meraviglioso». Con lei c'è il marito, Giuliano Mascaretti. «Per un turista non è bello trovare tutto chiuso». La domenica trovare un negozio aperto è un'ardua impresa. Anzi impossibile. Ma questo non basta a interrompere la loro usanza. L'anno prossimo torneranno, sempre nello stesso campeggio, sempre a Villasimius. Stessa meta per Martino Cerizza, di Milano. Per lui dodici giorni di mare. A Cagliari non c'è stato, non sa dei negozi chiusi la domenica. Dopo qualche istante. «Se le cose stanno così, non credo la si possa definire città turistica».
Esce fuori dal coro Gaetano Nasta, lui ha scelto Carloforte. Arriva da Palermo e parla da ingegnere. «Ha una bella edilizia». Sulle saracinesche degli esercizi commerciali abbassate sentenzia: «È penalizzante». A suo avviso non è ancora una città turistica, ma «le potenzialità le ha». Dettaglio trascurabile, secondo Gabriele Ruzzu, di Bologna. «È così in tutta Italia». Per lui l'appellativo per il capoluogo sardo è appropriato, ma manca qualcosa. «L'offerta è poco variegata», in questo non transige. Nelle sue vene scorre sangue sardo. Al suo fianco Paula Reutter, la moglie. Anche Ivo Lipparini e Giuseppina Stagni, arrivano da Bologna. Lei un negozio lo ha avuto, e le cose le vede in modo diverso. «È giusto che ci sia un giorno di riposo».
Sara Marci