L'intervento
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Le accese reazioni suscitate dalla decisione del Comune di trovare una sistemazione provvisoria ai Rom "sfrattati" dal campo nomadi sulla 554 fanno emergere con chiarezza la scarsa conoscenza del quadro normativo.
Nel 2009 il Parlamento europeo ha sollecitato gli Stati membri a «risolvere il problema dei campi, dove manca ogni norma igienica e di sicurezza e nei quali un gran numero di bambini muoiono in incidenti». L'Ue - che ha stanziato 10 miliardi di euro per fronteggiare il problema - ha riconosciuto che si tratta della principale minoranza emarginata d'Europa, indicando una strategia precisa: fare in modo che i bambini completino la scuola primaria, ridurre il divario occupazionale col resto della popolazione, garantire l'accesso all'assistenza sanitaria, all'alloggio e ai servizi essenziali. Nell'inerzia del legislatore, il Governo ha adottato un “piano nazionale d'inclusione” che prevede «l'accesso ad un ampio ventaglio di soluzioni abitative... in un'ottica partecipata di superamento definitivo di logiche emergenziali e di grandi insediamenti monoetnici». La logica dei campi nomadi, dunque, è destinata ad uscire definitivamente dal panorama italiano, e gli enti locali non possono muoversi in controtendenza con la strategia nazionale.
Gli eventi di questi giorni dimostrano inoltre quanto sia fondato il riconoscimento dei Romanì come popolazione discriminata. Il fatto che si continui a parlare di "etnie" che non si integreranno mai, che vivono in modo incompatibile con la nostra civiltà, che non devono avere «le case dei sardi», è rivelatore della diffusione del pregiudizio. Io sono un giudice e ho condannato dei Rom in relazione a fatti specifici; ma non per questo mi sognerei di dire che «i Rom sono ladri», perché quando si passa a una responsabilità collettiva presunta per il solo fatto di appartenere ad una minoranza, si commette una discriminazione razziale. Lo stesso ragionamento è applicabile allo stile di vita dei Rom; i quali, del resto, in pochi anni sono passati dal nomadismo ad una vita stanziale, per cui non si vede per quale ragione dovrebbero essere refrattari a qualsiasi politica di inclusione sociale.
* Giudice a Cagliari