di AGRICOLA
L’altra sera una Tv locale ha mandato in onda il comizio indignato di un vecchio signore che, contro i ristoratori che la sera occupano con i loro tavoli le strade del quartiere Marina, prospettava comitati, raccolta di firme, ricorsi alla magistratura e all’arma dei carabinieri. Insomma, la guerra sa nt a . Alla concione di quell’anziano fanno eco le lettere inviate ai quotidiani dai cittadini sconvolti dalle novità che maturano nel centro storico di Cagliari: bar che rubano spazio ai parcheggi, castellani che paventano di dover lasciare l’auto sotto le mura, commercianti costretti a prendere l’autobus per raggiungere il proprio negozio a Stampace, abitanti dei villini del Poetto che protestano per la musica che arriva dalla spiaggia. Emerge, da queste manifestazioni, l’istinto innato di una parte dei nostri concittadini ad opporsi ad ogni cambiamento e a credere che le proprie esigenze abbiano più valore di quelle del vicino di casa. Io ricordo come erano ridotti i quartieri del centro storico ancora pochi anni fa: fuga dei nativi, degrado, abbandono, topi ed immondizia. Ritengo che il quartiere Marina sia stato salvato dai negozi etnici, dalla ristorazione e dal ritrovato interesse delle Giunte comunali: di quella precedente e di quella attuale. Auspico che si continui su questa strada, che il Comune si muova per sanare i segni ancora presenti dell’antico degrado, che i privati richiamino avventori, che ci siano giovani, musica, dibattiti in piazzetta Savoia e anche altrove. A quel vecchio signore dico di difendersi dal rumore con i doppi vetri e l’aria condizionata, come fanno i romani a Trastevere o a Campo dei fiori. Se lui abitasse a Genneruxi avrebbe ragione a chiedere silenzio ma ha scelto di vivere nel centro storico e quelle vecchie strade sono un patrimonio indivisibile dei cagliaritani e dei loro ospiti. Gli urbanisti insegnano che le città sono un corpo organizzato, con spazi dedicati alle attività specifiche: affari, uffici, sanità, studio e anche cazzeggio. Alla Marina, forse, è lui che è di troppo, mica il ristorante “la Gobebtta”.