Brotzu
VIA PERETTI Celebrazione per i primi trent’anni dell’ospedale fondato nel 1982: oltre un milione di accessi al pronto soccorso e grandi numeri per i trapianti. Una mattina tra passato e futuro
Nel 1982 Emanuele Sanna era tra i pionieri che «con una buona dose di coraggio» hanno partecipato alla fondazione dell’ospedale d’eccellenza della sanità sarda. Nello stesso anno Massimo Zedda aveva sei anni, «e Sanna era il mio pediatra». Sorrisi in sala. Il giovane sindaco e il più maturo medico erano insieme, ieri mattina, in una poco affollata Aula Atza, a festeggiare i primi trent’anni del Brotzu. Sei lustri ripercorsi da medici e protagonisti della fondazione e della storia dell’ospedale. Una celebrazione, con uno sguardo al passato e la proiezione verso il futuro, per cercare di tracciare la strada della struttura intitolata a Giuseppe Brotzu, «colui che ha scoperto i principi contenuti negli antibiotici distribuiti in mezzo mondo», ha ricordato Sanna, anima della Fondazione che ha organizzato l’incontro. «Oggi si parla solo delle cose positive», ha detto il cronista Giorgio Pisano, chiamato a moderare gli interventi, «per quelle negative ci sono altri momenti». E via con l’amarcord di quella che viene raccontata come un’epopea. Franco Meloni adesso sta nelle cliniche private e siede in consiglio regionale con i Riformatori. Del Brotzu è stato manager, ma anche tra i padrini: «I romani avevano capito una cosa», ha detto al microfono, «hanno fatto capire ai cittadini dell’impero che facevano parte di qualcosa di più grande di loro. In quegli anni abbiamo trasmesso lo stesso messaggio al personale: sapevano di far parte di un progetto più grande di loro». Un progetto che dopo 30 anni ha prodotto grossi numeri, snocciolati dal direttore sanitario Remigio Puddu: più di un milione e 100mila ingressi al pronto soccorso, oltre 824mila pazienti ricoverati e 240.884 interventi chirurgici. Poi l’attività motivo di vanto, i trapianti: «Nel 1988 il primo di rene », ha ricordato Puddu, «nell’89 il primo cuore e, dal 2004, abbiamo iniziato col fegato». In tutto sono stati effettuati oltre 300 trapianti di rene, oltre 180 di cuore e 205 di fegato. «E per il primo espianto», ha raccontato Nanni Brotzu, «non avevamo nemmeno le autorizzazioni. Ma lo abbiamo fatto lo stesso». Scelta temeraria, che trova un senso nelle parole di Valentino Martelli, che ha fatto tornare a battere molti cuori: «Per fare i trapianti ci vogliono le tre “c”: cuore, cervello e coglioni ».Fattori che allora non mancheranno a Fausto Zamboni, che con i fegati ha riportato a nuova vita decine di pazienti. : «Mai pentito di essere venuti in Sardegna», dice sicuro. A guidare l’azienda adesso c’è Tonino Garau. Il direttore generale ha guardato avanti, verso lo sviluppo della robotica e il suo utilizzo in sala operatoria. Ma anche alla razionalizzazione prevista nel piano dell’ospedale: «Saranno eliminati molti ambulatori e taglieremo reparti doppioni, già presenti in altre strutture sanitarie». Per ora una dichiarazione d’intenti contro gli sprechi, il vero male incurabile della sanità. A portare il punto di vista della Regione c’era l’assessore Simona De Francisci: «Il Broztu, 30 anni fa, diede avvio al cambiamento della medicina in Sardegna per la sua vocazione di alta specializzazione e innovazione. Il futuro continuerà su questo solco». E. F.