La prima giornata dell’orgoglio omosessuale nell’isola Il sindaco di Cagliari: «Maggiori diritti alle coppie di fatto»
di Federica Cubeddu wCAGLIARI I colori dell’arcobaleno accompagnano il corteo. Dietro i carri quattromila uomini e donne che manifestano il proprio orgoglio omosessuale con costumi carnevaleschi e manifesti provocatori: «Babbo, sono trans!» recita un cartellone; «Il desiderio non si norma» esibisce una giovane lesbica; e poi ancora «Il nostro Pride contro i vostri raid», ma anche frasi anticlericali e cartelloni che raccontano storie di chi è stato vittima della violenza prodotta dall’omofobia. Il primo Gay Pride della storia della Sardegna parte alle diciotto da Marina Piccola, sullo sfondo della Sella del Diavolo, e il fiume umano si snoda per tutto viale Poetto. All’evento non partecipano solo coppie gay, lesbiche, bisessuali, trans e drag queen in paillettes e piume. Il Pride organizzato da Arc all’interno del programma Queeresima ha come motto “Lìberos, respetados, aguàles” ed è una festa per tutte le famiglie. Tanti i genitori con bambini e le coppie etero che appoggiano la lotta degli omosessuali contro i diritti negati e che trovano giusto manifestare anche con le armi dell’esibizionismo e della trasgressione. «Chi ci critica è represso» dice una drag queen con un vestito succinto e una fluente parrucca bionda. «Vogliamo gli stessi diritti delle coppie etero, vogliamo sposarci e avere pari dignità», dichiara una coppia gay che convive da dodici anni. Due adolescenti si baciano per dimostrare il loro amore e un gruppo di ragazzine urla slogan per la libertà. La sfilata vede in prima linea la parlamentare Paola Concia, che dopo il suo coming out ha iniziato ad impegnarsi per i diritti civili di lesbiche, gay e bisessuali, e il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, che ha voluto partecipare al corteo. Dietro di loro, tanti rappresentanti di associazioni: oltre all’Arc e all’Associazione omosessuale sarda, anche Amnesty International, gruppi femministi e l’Associazione Genitori di omosessuali. «Le famiglie devono stare al fianco dei figli – afferma un padre che sventola una bandiera della pace –. Chi li ama desidera che siano felici e che lottino per i loro diritti contro la discriminazione». Dopo il turbine di polemiche politiche e morali che ha seguito l’annuncio del Pride, la Sardegna alla fine ha accolto con favore la sfilata dedicata alla libertà sessuale. «Cagliari è una città abbastanza aperta – ha dichiarato Aldo Canessa, uno degli organizzatori della sfilata –. Tuttavia di fronte alla parola “Pride” riscontriamo ancora reazioni di insofferenza». «Il perbenismo vorrebbe che manifestassimo il nostro orgoglio solo con convegni e iniziative in giacca e cravatta – ha precisato a questo proposito Gigi Cabras di Arc –. Il fatto di indossare costumi in maschera suscita molta diffidenza, ma dopo questa giornata la gente capirà che non c’è nulla di male nel difendere l’uguaglianza». Il primo Pride della Sardegna non è solo uno spettacolo di musica e di colori ma è anche una manifestazione politica che nasce all’indomani del “sì” del consiglio comunale al registro delle coppie civili. «La creazione del registro è un passo importante – ha commentato la madrina della manifestazione Paola Concia – ed è un segnale che dovrà essere di stimolo per il Parlamento». Anche il sindaco Massimo Zedda si dichiara contento della manifestazione: «La grande partecipazione della cittadinanza è un chiaro segnale del fatto che è giusto garantire maggiori diritti alle coppie di fatto». Ma ad alcuni manifestanti questo non basta: «Vogliamo il diritto all’adozione – ribadisce una coppia gay –. Le famiglie “arcobaleno” esistono nei fatti e in alcuni Paesi d'Europa questo diritto è già riconosciuto».