Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Nizzi (Pdl): «Un caos normativo» Lai (Pd): «Rafforziamo i Comuni» Medde (Cisl): «Ora la Costituente»

Fonte: L'Unione Sarda
8 maggio 2012

LE REAZIONI. Partiti in ordine sparso dopo il voto


La politica sarda è ancora disorientata perché, in verità, la convinzione diffusa era quella che il quorum per i dieci referendum anti-casta non venisse raggiunto. Così il riposizionamento e l'analisi di quanto è accaduto domenica paiono interlocutori. La sensazione è che i partiti non abbiano ancora realizzato quanto è accaduto.
Il coordinatore del Pdl Settimo Nizzi : «Si è ingenerato un caos normativo. Tutte le Province devono considerarsi morte. La vera difficoltà che abbiamo davanti è quella di verificare quali risposte dare ai territori. Con l'anti-politica non arrivano cose concrete». Da uno dei promotori del referendum, il giovane avvocato di Ollolai Efisio Arbau , arriva un giudizio tranchant: «I risultati dei referendum lasciano sul campo le macerie di una classe politica vecchia ed inadeguata. Questo però è il passato che cercherà di trascinarsi per tirare a campare. Adesso dobbiamo pensare alla Sardegna che cambia, quella che hanno voluto gli oltre 500 mila sardi che sono andati a votare e gli altrettanto numerosi che non sono andati, schifati dalla politica». Giulio Calvisi , deputato del Pd, segnala il rischio di «un effetto perverso per i cittadini: abbiamo invitato lo Stato ad abbandonare i territori. Rischiano ora la cancellazione le sedi giurisdizionali periferiche che si erano salvate dai tagli ministeriali solo perchè site nei nuovi capoluoghi di Provincia». Per il segretario regionale del Pd Silvio Lai «i sardi hanno dato un'indicazione chiara che va rispettata e tocca ora alla Giunta, prima di tutto, e al Consiglio regionale applicare quelle indicazioni nel rispetto della Costituzione, individuando una nuova architettura istituzionale semplificata, moderna ed efficiente che dovrà basare le sue fondamenta sui Comuni uniti e coordinati piuttosto che su un neo centralismo regionale. I referendum non riguardano solo le 4 nuove Province ma anche quelle storiche». Per il vicecapogruppo del Pdl in Consiglio regionale Pietro Pittalis «i referendum rappresentano una vittoria dei sardi, che non hanno ceduto ai silenzi e all'ostruzionismo del fronte della conservazione e hanno dato luogo a una giornata di mobilitazione e di partecipazione popolare democratica». Per il segretario di Sel Michele Piras «è evidente il fatto che la società sarda è attraversata da un bisogno di rinnovamento e da un sentimento di repulsione per la politica tradizionale. Questo è certamente deducibile dall'esito dei referendum e non costituisce nemmeno una novità». Per il vicepresidente del Consiglio regionale Michele Cossa «i sardi si sono espressi, adesso tocca alla politica non deludere le aspettative degli elettori». L'Anci regionale, per bocca del presidente Cristiano Erriu chiede ora «più funzioni, più risorse e più personale per i Comuni», mentre il consigliere regionale di Sel Luciano Uras penso sia sbagliato «ogni trionfalismo personale sui risultati dei referendum», riferendosi al governatore Cappellacci.
Il segretario regionale sardista Giovanni Colli sottolinea che «il primo rilevante dato politico è la chiarezza della volontà popolare che si è espressa in maniera diretta e senza intermediazioni, soprattutto a proposito di un'Assemblea costituente eletta a suffragio universale», mentre il vicepresidente del Consiglio regionale Mario Bruno parla degli «oltre 500 mila sardi che con la partecipazione al referendum hanno detto una cosa sola: in Sardegna c'è bisogno di cambiamento».
Non poteva poi mancare il commento di due storici leader referendari isolani come Mario Segni e Arturo Parisi . Il primo sottolinea che «con un voto saggio i Sardi hanno cancellato ieri con un referendum le quattro province istituite follemente 10 anni fa», mentre il secondo parla di «straordinaria vittoria della democrazia». Per l'ex assessore regionale all'Agricoltura Andrea Prato è stata vinta «una prima grande battaglia, non certo la guerra». Per il segretario della Cisl Mario Medde «l'Assemblea costituente del popolo sardo deve essere promossa in tempi rapidi», di poco anticipato dal consigliere regionale riformatore Pierpaolo Vargiu , che per mesi ha lavorato per i referendum: «Credo che sia un primo passo verso una strada diversa e verso il cambiamento. Il referendum non è la bacchetta magica e non è un miracolo, ma è importante per il futuro della Sardegna». Più politica la lettura del consigliere regionale del Pd Chicco Porcu : «Il risultato del referendum è una messa in mora di Cappellacci e della sua maggioranza».
Per il sindaco di Quartu Mauro Contini dalle urne è arrivato «un messaggio inequivocabile contro la casta, un'indicazione che le istituzioni e la classe politica devono recepire con senso di responsabilità». Antonio Satta , segretario dell'Upc , dice di «avere rispetto per chi va a votare, ma il risultato dei referendum comporterà molta approssimazione nella gestione della cosa pubblica e indebolirà i territori periferici della Sardegna». L'ex presidente della Regione Federico Palomba parla di «intimazione di sfratto alla classe politica sarda di maggioranza». ( a. mur. )

 

L'ANALISI. Cappellacci, Riformatori e sindaci escono rafforzati
L'indecisione di Pdl e Pd
Vincitori e vinti ora alla prova delle riforme

Il gioco del chi vince e chi perde questa volta non è agevole, se è vero com'è vero che i referendum anti-casta lasciano sul campo morti e feriti (politicamente) che ancora non hanno un nome. È possibile, però, fare un'analisi del voto, cercando di prefigurare gli scenari delle prossime settimane se non dei prossimi mesi.
UGO CAPPELLACCI Il governatore esce indubbiamente rafforzato dall'appuntamento con le urne. In questo caso potrebbe capitalizzare il successo dei referendum in misura ancora maggiore rispetto a quello del quesito sul nucleare, celebrato nel 2011. Anche in quel caso il presidente della Giunta si era esposto in prima persona, ma il fronte era così ampio e composito che i “ritorni” sono stati infinitesimali. In questo caso c'è da riconoscere a Cappellacci di essere stato coraggioso a sposare una causa che pareva persa in partenza. In caso di mancato raggiungimento del quorum, infatti, i suoi nemici avrebbero avuto buon gioco a chiederne le dimissioni. Ora la palla è in mano al governatore: rispetto alla sua litigiosa maggioranza può giocare la carta del voto popolare nella battaglia per ridurre sprechi e rendite di posizione.
RIFORMATORI La battuta più gettonata sul web è “Finalmente i Riformatori hanno riformato qualcosa”. Tra tutti Pierpaolo Vargiu, Michele Cossa e Massimo Fantola si sono spesi con generosità accanto al comitato promotore. Ora devono confermare la posizione in Consiglio, cercando di sfruttare l'onda lunga.
I SINDACI Senza il loro entusiasmo l'avventura referendaria non sarebbe nemmeno iniziata. Rappresentano la classe dirigente del futuro, molti di loro possono dire di essere partiti bene.
TORE CHERCHI In molti lo definiscono un politico con la p maiuscola. E le sue dimissioni di ieri ribadiscono una statura innegabile, una risorsa per il sistema-Sardegna.
PDL E PD I due maggiori partiti hanno lasciato libertà di voto ai loro iscritti, nel non troppo nascosto tentativo di conciliare le varie anime presenti al loro interno. Soprattutto una folta schiera di amministratori locali, consulenti, componenti di Cda ha tifato per far fallire la consultazione. Ora recuperare posizioni sarà difficile. A Silvio Lai e Settimo Nizzi toccherà far buon viso a cattivo gioco. Il primo ha il vantaggio di essere all'opposizione e di riversare sulla maggioranza la responsabilità di risolvere il caos sulla riorganizzazione delle competenze delle Province abrogate. Il secondo, avendo responsabilità di governo, rischia di pagare due volte. ( a. mur. )