Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Il sogno di una casa che è diventato realtà

Fonte: La Nuova Sardegna
2 maggio 2012

 
L’ODISSEA DEI ROM



Il Comune ha consegnato il primo alloggio a una delle famiglie che abitavano nel campo di sosta sulla «554» La gioia per una vita ritrovata

CAGLIARI È un’emozione nuova quella che si prova quando si aprono le finestre e l’aria fresca inonda le stanze. Dopo quattordici anni trascorsi in un campo che definiscono «di concentramento», tra cumuli di spazzatura, ratti ed esalazioni di plastica bruciata, anche i piccoli gesti possono strappare un sorriso. «È come se avessimo aperto il cassetto dei sogni» dichiara Safet, quarant’anni apolide. Insieme alla moglie Zera ha fatto crescere nove figli nel campo nomadi della 554. Ha lo sguardo fiero e l’espressione trasognata mentre mostra l’abitazione nella quale vive da meno di un mese: tre camere, un bagno e un giardino con piante di ulivo nel quale pensa di allevare qualche gallina. Desiderava regalare ai figli un’esistenza normale e adesso, grazie al progetto del comune di Cagliari, la sua famiglia è stata la prima ad ottenere una casa e a fare un passo verso l’integrazione. «La vita nel campo era un inferno - racconta il figlio Zago di ventitré anni - la gente ci dava qualche soldo per smaltire i rifiuti: copertoni ed elettrodomestici vecchi. Venivano accesi in continuazione roghi e l’aria era irrespirabile. Le condizioni di vita levavano fuori il peggio dalle persone: molti bevevano e alcuni picchiavano i figli. Non era una vita dignitosa ma ora possiamo pensare al futuro». La quotidianità è cambiata a partire dalle piccole cose: «È meraviglioso avere un bagno» racconta Sabrina, la primogenita di ventiquattro anni. «Quando vivevamo nel campo dovevamo farci la doccia all’aperto anche in pieno inverno con un pentolone d’acqua riscaldata” Sabrina ha frequentato l’isti». Lei, per il futuro, sogna di fare la sarta e di sposare un ragazzo sardo mentre sua sorella Sara, diciassette anni, ha già trovato impiego come rappresentante in una azienda di cosmetici: «Ho sfogliato un quotidiano e ho risposto ad un’offerta di lavoro. Ora vendo creme, trucchi e profumi porta a porta». Come lei, anche Vilma e Sonia sognano una vita diversa e sanno che l’integrazione parte dal lavoro. I volontari della Caritas che seguono quotidianamente la famiglia, vogliono aiutare i rom a costituire delle piccole aziende artigiane affinché nell’arco di un anno o due siano in grado di sostenere autonomamente il pagamento di un canone d’affitto. Zera però è consapevole che il percorso per l’integrazione è pieno di ostacoli per chi non ha documenti e titolo di studio: «Non è facile far capire alla gente che non siamo tutti uguali - racconta mentre prepara un caffè - quando ci siamo trasferiti i vicini temevano che fossimo quel genere di rom che rubano nelle case. Ora hanno capito che siamo brava gente».

Federica Cubeddu