TESTIMONI. Macellaio rimasto senza lavoro crea un'impresa pionieristica
Vendeva polli, poi licenziato, ora accompagna i turisti
L'idea gliela diedero tre inglesi sudati e sperduti. Da via Sant'Efisio, la strada che l'ha allevato, volevano salire a Castello. Gli chiesero se c'era un piccolo mezzo che evitasse la sfacchinata obbligatoria per chi si avventura a piedi nel centro storico. Cagliari, città di arrampicate e panorami, offre solo torpedoni ingombranti, costretti a sostare fuori le mura. Claudio Dessì, stampacino doc, si è ricordato di questa scena sette mesi fa e ne ha fatto un'impresa. A suo modo, è diventato un pioniere.
CHE FARE Licenziato da una macelleria, si è trovato davanti a un bivio: piangere o rimboccarsi le mani. Ha reagito ed ora accompagna i turisti a bordo della sua Apixedda-spider. Anche se il suo inglese non è fluently, la parlantina e passione per la storia cagliaritana lo aiutano a superare le barriere della lingua. Fa la guida sulle tre ruote, il primo in città.
Quarantanove anni, sposato con una figlia, fino a dieci anni fa vendeva polli nel mercato civico di Santa Chiara. Il lento decadimento degli affari lo convinse a chiudere il box e ad accettare di fare il commesso di supermercato, reparto macelleria, il suo settore. Quello che l'ha tradito, lasciandolo senza posto sette mesi fa. «Era scaduto il contratto, mi sono trovato senza lavoro. Prendevo l'indennità di disoccupazione, ma non potevo pensare di resistere a lungo», racconta mentre aspetta clienti sotto la Torre dell'Elefante.
MUTUO Ha bussato a una finanziaria e ha varcato il Rubicone, diventando imprenditore di se stesso. Il mezzo di trasporto è fabbricato in India dalla Piaggio: è un'Ape con tettuccio scoperchiabile, tendone amaranto e cerchioni bianchi. Al posto del cassone, un divano abbastanza comodo per una coppia e due bambini. Nei paesi orientali e africani lo chiamano «tuk tuk»: un tre ruote conosciuto da tutti i turisti che vengono scarrozzati da tassisti spericolati. Ma da tempo ha iniziato a circolare in alcuni paesi europei. La Piaggio l'ha disegnato su linee che richiamano gli anni Cinquanta e l'ha ribattezzato «Ape Calessino». Quindicimila euro, investimento che Claudio Dessì deve restituire a piccole rate.
BIGLIETTO Dieci euro a passeggero, un tour che dura tra i trenta e i quaranta minuti. Ha trovato anche uno sponsor, una negozio di gastronomia da asporto. Un sito internet («Cagliari touring») , una brochure e un manifestino appeso nei locali del centro, quelli frequentati dai croceristi. «Purtroppo anch'io sono una vittima di Schettino», racconta: «Ho iniziato a novembre, contando sugli arrivi delle navi da crociera, ma poi dopo che hanno tagliato le corse della Costa a Cagliari mi sono trovato un po' di difficoltà». Ma non si arrende, ogni giorno è in campo. Spera nel boom di maggio e mesi a venire.
PARTENZE La sua base è in via Roma, parcheggia lato portici e aspetta i clienti chiacchierando con gli “oreri” seduti sui tavolini. Ha le carte in regola, un'autorizzazione comunale, blocchetto delle ricevute fiscali comprese: «Voglio fare le cose per bene anche se ora il lavoro è un po' scarso. In fondo ho raggiunto il mio sogno».
Più che accompagnatore turistico, si sente una guida culturale. Ai viaggiatori che imbarca nella motoretta-calessino racconta la storia di Cagliari. Non solo quella ufficiale dei cinque monumenti che fanno parte dell'itinerario (il Municipio, la statua di Carlo felice, la Torre di San Pancrazio, la Cattedrale, la Torre dell'Elefante, il Bastione). «Racconto della giudicessa Benedetta costretta a cedere il Castello ai pisani, o spiego il significato di alcuni modi di dire che i turisti hanno sentito in giro». L'ultimo? «Bogau a son'e corru». È un portavoce di Cagliari, ne mostra la faccia amica ai turisti che vengono a visitarla. Al contrario di quello che capita quando li porta all'Anfiteatro. «Quando sanno che abbiamo un anfiteatro, tutti ma proprio tutti vogliono vederlo. Poi lo trovano chiuso e pieno di rifiuti». Gli chiedono come mai. Claudio, simpaticone e chiacchierone, sta zitto.
Antonio Martis
L'invasione dei «franchising» e la fuga dei negozianti storici
Centro storico, chi resiste e chi cambia
Da quattrocentro metri quadri di esposizione in piazza Yenne a quarantacinque di negozio. Cristiano Masella, nome-simbolo nelle strade delle vetrine, è un commerciante in trincea: la sua storica attività (strumenti musicali) l'ha trasformata in offerta di servizi digitali e telematici. Solo in questi modo è riuscito a non finire travolto dall'avanzata delle super-offerte dei centri commerciali nel campo dell'elettronica. Un miracolo se poi l'avanzata della grande distribuzione si allea con le banche che chiudono i rubinetti del credito. «Bisogna rendersi conto che sta cambiando il modo del commercio e quindi gli imprenditori devono rinnovare. Chi sta fermo, o aspetta che ritorni il passato, è condannato», spiega mentre serve alcuni clienti interessati alle ricariche telefoniche. Degli spazi al primo piano, un tempo adibiti a esposizione, vuol farne un bed&breakfast: «Anzi meglio un affittacamere». Da commerciante ad albergatore.
Il commercio nel centro storico sta cambiando pelle. «I negozianti storici stanno abbandonano, uno dopo l'altro», commenta Sergio Bolognese, presidente della Confesercenti con esercizio in via Manno. «Il titolare di un locale commerciale da solo non riesce più a farcela. Può avere speranza se ha una catena dietro le spalle, oppure altri negozi che gli consentono di variare l'offerta». Altrimenti è costretto ad alzare bandiera bianca e lasciare il campo libero ai «franchising».
In via Manno le insegne delle catene nazionali di abbigliamento hanno preso il sopravvento su quelle storiche cagliaritane. Le vie dello shopping trasformate alla stregua di una passerella di un centro commerciale. «È un fenomeno impressionante, mi chiedo sempre quando scendo in via Manno e guardo le vetrine chiuse e le nuove insegne: ma che fine hanno fatto i nostri commercianti?». (a.m.)