Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Mentre morivamo di crisi

Fonte: L'Unione Sarda
23 aprile 2012

TESTIMONIANZE. Da via Dante al Largo lungo le strade del commercio

La conta, porta a porta, dei negozi chiusi e sfitti

Come i resti di una battaglia rovinosa, dove non ci sono stati vincitori ma solo sconfitti, giacciono a terra. Nuove e scintillanti oppure ricurve e ingiallite. Tutte infilate con mano misericordiosa dal postino nello spiffero tra il marmo del pavimento e il vetro blindato che una volta era porta, ingresso, di un bel negozio. E ora sono lì sulla moquette a testimoniare la disfatta al tempo della grande crisi. Intorno a loro scaffali vuoti, banconi deserti, lampadine spente, gomitoli di polvere nera. I mittenti forse non sanno che è inutile continuare a spedirle perché faranno tutte la stessa fine: imbucate per dovere, marciranno su un pavimento che una volta fu di commercio e contrattazioni. Bollette della luce, dell'acqua, della compagnia telefonica che ha dato il cambio dopo pochi mesi a un'altra, le lettere della banca, di una finanziaria, le cartoline gialle d'annuncio d'una raccomandata, le verdi d'ingiunzione. Sovrapposte e sparpagliate come cadaveri di una strage.
LA CORRISPONDENZA È la posta che non riceverà riposta il simbolo di una passeggiata lungo le vie della crisi. Fa più male dei numeri in picchiata l'immagine di questa corrispondenza abbandonata che per obbligo i postini sono tenuti a lasciare, inchinandosi a terra e sfruttando l'imperfezione delle porte a vetri o lanciandola fra le maglie di una saracinesca. Missive destinate ad aziende che lì non esistono più.
LA CAMMINATA La visione stringe lo stomaco se si decide di percorrere la città da un capo all'altro partendo da piazza Giovanni XXIII e decidendo di imboccare via Dante. Qui una volta c'era una bella attività . Dice la vetrina del civico 164. Ero gestita da titolari molto gentili. Tutti ci conoscevano nel quartiere e loro conoscevano noi. Entravi e sapevamo i tuoi gusti . Adesso, la vetrata, che una volta era scintillante, è opaca ed espone il vuoto e il precipizio. Via Dante è così, una catastrofe prima dell'incrocio con via Cocco Ortu. Sì è vero, ci sono i resistenti (a cui va dato onore e merito) ma soprattutto quelli che non ce l'hanno fatta: al civico 230, al 204, al 196 (tre vetrine), al 184, al 137 al 123 e al 112a. Noi eravamo la drogheria storica, l'avete scritto anche voi, ora siamo solo saracinesche abbassate . Piazza San Benedetto un sospiro e un sguardo languido. Ci venivate a comprare di tutto: le punte per i trapani, le scope in saggina, persino i tappi in sughero per le damigiane . Via Dante anche dopo la rotatoria è un corollario mesto di attività cessate, di espositori orfani, ogni numero civico un addio: al 90a, al 96 e 88, 84, 84a, 83a, 83b, 72d, 72f, 70a, 66, 62, 58, 57 (due vetrine), 54, 51 (cinque vetrine), 49 e dal 35 al 37.
OSSIGENO Fare via Paoli serve per una boccata d'ossigeno, per farsi dire dalle insegne luminose Non è solo il deserto.Noi andiamo avanti . Un'oasi felice. Ma quando inizia via Sonnino i neon del civico 235 sono senza più corrente. Sino a un mese fa da noi ci venivano soprattutto le ragazzine o le giovani signore più sprint . Dicono così e sembra che ti facciano un occhiolino. Da poco c'è stata la vendita fallimentare. Per il domani chissà speriamo che qualche altra insegna prenda il nostro posto. Del resto, ormai, fanno inutilmente la reclame a vetrate (angolo via Farina) in parte coperte con la carta. Si intravede ciò che è rimasto. Per terra, alcune scatole di attaccapanni: scheletri di abitini che hanno fatto sognare tante adolescenti. Sul marciapiede opposto, al 220, quello che fu il palcoscenico a doppia facciata dell' Hi-Fi, la scritta adesiva appiccicata ai vetri urla sconti da capogiro: Tutto al 50! Ultimo rantolo prima di staccare la corrente e svuotare gli scatoloni. Come più in là, oltre il semaforo di via Alghero che conta chiusure per fortuna “solo” al 25, con grande esposizione in via Satta, al 38 e al 56. Qui, in via Sonnino che corre verso piazza Gramsci, una volta c'erano bei profumi al 182. Non c'è più nulla neppure al 124, al 104, al 94 e al 92 e dal 122 al 114 dove una volta prosperava un megastore dell'abbigliamento e ora al muro (all'angolo con via San Lucifero) c'è solo un cuscino a forma di cuore che ricorda la vittima di un tremendo, ingiusto, incidente stradale. E tutto sembra più funereo e luttuoso. Senza carità.
DEGRADO Non c'è pietà. E ce ne sarà sempre meno in una corsa dove chi resta per ultimo sarà schiacciato da chi pensava di non riuscire in un disperato sorpasso. Perché è mandria che calpesta quella che sfregia questi ruderi del commercio. Hanno infatti il gusto della profanazione quelle scritte con bomboletta sulle saracinesche sigillate dei fallimenti, sui vetri delle rese o semplicemente sulle porte rimaste sfitte. Spray, non arte per abbellire o ridisegnare la città , ma graffi, tag, firmette, ormai retroguardia di una street art che nel resto del mondo viaggia su altre visioni e con altri materiali. Lo scempio è soprattutto in via Garibaldi dove le vetrine chiuse preferiscono restare mute, non sussurrare nulla al visitatore se non: Abbiamo troppa vergogna . Così al civico 205, al 191, al 139, al 114, al 100, al 96, al 92, all'86, al 73, al 74, al 51, al 39 e all'1. Sino al numero 1 di piazza Costituzione. Una sfilza di ammaina bandiera che fa rabbrividire, perché questa una volta era il fiume del grande via vai. Sbavature di tinta, a infangare il lutto della chiusura, lasciano la sensazione che si sia voluto urinare sul corpo dell'ucciso. Ed è odore di urina e vino quello che si sente in strade lontane, magari via Carloforte 51a, dove chi non ha un tetto decide di allestire il bivacco sotto il piccolo colonnato dove un tempo c'era un'attività.
CHI RESISTE Per fortuna che c'è via Manno (“solo” tre Caporetto: al civico 67, al 39 e al 35) e il largo Carlo Felice che mantiene ogni posizione. Fiori secchi su tombe abbandonate. Questo sembrano le tendine di alcuni bar o pub, nell'ultimo tratto di via Roma, o in viale Trieste, per restare in un ipotetico centro dove una volta imperava la vita notturna che non faceva dormire il quartiere sin dal martedì. Non dico che rimpiango il bordello di dieci anni fa però... Questo dice la serranda abbassata al 15 che fu di un orologiaio affianco a ciò che fu la Fas (abbigliamento per tutte le tasche, ma proprio tutte) e guarda preoccupata piazza del Carmine. La marmorea Madonna per fortuna ha lo sguardo rivolto alla scuola Satta sennò piangerebbe per ciò che il vento fa rotolare: bottiglie di birra e lamenti sgraziati e disgraziati in arrivo da due gruppi svaccati sulle panchine con il tasso alcolico a cui la Stradale impedirebbe persino di mettersi alla guida delle proprie scarpe. Perché il degrado dell'uomo è parallelo al crollo di un modello economico.
Fa ammalare fare questa passeggiata. Fa persino più scandalo degli allarmi delle associazioni di categoria, delle accuse degli addetti ai lavori, delle cifre date dagli esperti. Va oltre i discorsi sulle responsabilità e le cose non fatte. Entra nella carne.
Francesco Abate